Social network survival

quando vedo 20 replay in 5 minuti ad un mio twitt quasi tutti di followers che non seguo penso che sto usando male questo strumento.

(Via Twitter / mante:.)

Quando Massimo Mantellini ha scremato la sua lista di amici su Twitter ci siamo trovati in un certo numero a fare reply verso il nulla metafisico. Massimo ha scelto di selezionare una cerchia ristretta di amici da cui ricevere aggiornamenti e di seguire il resto dei suoi followers solo attraverso le replies, le “risposte” che si possono dare con la formula @username che di recente Twitter elenca in una sottopagina apposita.

L’esperimento ha mostrato, grazie al seguito che ha Massimo, un altro lato di un social network di successo come Twitter, un lato che ne evidenzia i limiti tecnici e sociali. Con il metodo delle replies, l’utente può se vuole e se si ricorda sapere quali frasi gli vengono rivolte. Si tende tuttavia a perdere il sincronismo tipico di questo mezzo e la simmetria peer-to-peer del twit fra una coppia di friends reciproci.

La cosa mi aveva scaturito una serie di riflessioni che, sia ben chiaro, non sono rivolte a Massimo in particolare, ma che fanno parte delle elucubrazioni che vengono in mente a forza di praticare un mezzo addictive come Twitter. E lascio stare per ora la questione Google-Jaiku.

Massimo ha fatto una scelta perfettamente condivisibile: non si può seguire tutto e ci si deve sentire liberi di sfrondare i propri contatti in qualsiasi momento. Io stesso stavo per farlo con i miei contatti proprio nello stesso periodo ma dubbi e pigrizia mi hanno fermato. Il rapporto friends/followers di Mantellini è circa 1 a 10 ed è perciò stato un buon esempio delle possibili evoluzioni di una scelta simile.

Chiacchiere vs. contributi

Nelle reti sociali permane ancora una forte esigenza di chat, di comunicazione a scambio di battute. Tuttavia se comunichi e produci troppi input per gli altri diventa rumore. Mi rendo conto io stesso di diventare rumore in certe giornate. L’effetto su un neofita o su chi ti segue sporadicamente è quello di un crocchietto di iniziati che parlano dei cavoli loro a ripetizione. Se mi capitasse ad una festa (metafora che secondo me calza a pennello su twitter) io me ne andrei di corsa.

C’è una scelta di fondo tra partecipare chattando o usare la rete sociale in senso stretto, come intermediario di pochi nodi fidati verso il resto del mondo. Twitter ti chiede di raccontare in un flash cosa stai facendo. Al limite di aggiungere qualche osservazione. Questo funziona sui numeri piccoli.

Esiste comunque una parte di scambio sociale che inevitabilmente deborda le nostre intenzioni: non ha più senso nel web2.0 darsi appuntamento su una chat chiusa quindi si “chattizza” un ambiente che non sarebbe preposto a farlo. Nel farlo si “urla” e si sovrasta quella che dovrebbe essere un’atmosfera da cocktail.

Rumore vs. contenuti

E’ un problema irrisolto: o vivi su una rete dietro login come facebook o vivi su Twitter che da il meglio di sé nella versione senza senza login a patto di sorbirti molto chiacchiericcio.

Succede una cosa simile nell’aggregatore: ci sono gruppi di feed o tags che leggo più frequentemente perché c’è meno rumore. Nei gruppi di feed più rumorosi posso usare il mark as read, su Twitter e sulla messaggistica istantanea è più difficile. Rimane il parallelo fra la scelta di selezionare le fonti o selezionare i contenuti prodotti da molte fonti

Si fanno cose più naturali nel web2.0 rispetto all’Internet 1.0, ci sono meno costraint (netiquette dei NG, crossposting e altri paletti) ma non è scontato come comportarsi.

Va bene vivere nel chiacchiericcio se usi twitter come un mini aggregatore: allora il link utile può arrivare da chiunque, anche da chi non sopporti non o conosci nemmemo di nome. L’estremizzazione di questo comportamento è esemplificata dallo Scoble’s link blog.

Se vivi la rete sociale nella sua accezione più pura dovresti limitarti a chi produce “contenuti”, poche persone con pochi twit pregnanti. C’è un pericolo pericolo in questo estremo della scala: asfissia della rete. Le cose buone nascono sulla massa delle cose “comuni”, per selezione naturale, per stimolo risonante, per caso (ma fa figo dire serendipity). E quindi? Caffé! Al caffé si chiacchiera, e tra le mille chiacchiere nasce lo spunto interessante.

Se rispondo con un post in chat-mode tipo @username questo deve contenere qualcosa di universale e non essere una semplice reply, altrimenti mi allontano dalla gente. Nessuno mi “aggancerà” se non scrivo qualcosa di interessante, anche solo in un twit.

Feedback e nascita di nuove feature

Infine alcuni spunti di riflessione in ordine ancora più sparso:

Twitter non ti avvisa di quando la gente ti abbandona e addirittura maschera gli avvenimenti quando vieni bandito (se provi a seguire chi ti ha bandito Twitter dice che c’è un errore). Ti riempe di avvisi solo quando qualcuno ti sceglie come follower. Manca un feedback importante: il feedback negativo.

Una rete è come un polmone, cresce e cala, inspira ed espira a seconda delle esigenze dei suoi componenti. Perché non sapere quando si viene “espirati”? A me è servito per riflettere su me stesso e per annoiarvi con questo post.

Una soluzione sono i canali, che già usa Jaiku:

non vede l’ora che twitter inserisca qualcosa di simile ai canali, in modo da circoscrivere l’uso chat

(Via Twitter / Cristian Conti.)

[Update: Cristian ha dedicato un post all’abuso di twitter come chat.]

Forse basterebbe fare feed rss e abbonamenti alle notifiche diversi per i messaggi diretti, reply e quelli pubblici come già c’è ora.

Una rete sociale non puo’ avere una pianificazione del tutto autonoma delle feature: vengono determinate a furor di popolo da comportamenti emergenti. Probabilmente esiste un servizio twitter-like con la combinazione perfetta di feature, ma qui, sul web2.0 funziona così: si va dove ci sono gli amici, magari al bar pulcioso ma con gli aperitivi discreti e il coro di risate pronte, magari alla sala da the raffinata. Ma mai nel 4 stelle irrimediabilmente vuoto.

Ce la farà Jaiku? Avevo promesso di non parlarne, accidenti!

6 commenti

  1. Come ho risposto a Massimo, (e sono quasi cero di essere uno di quelli che legge solo tramite i reply, ammesso che mi legga), non credo affatto che il suo sia un modo sbagliato di utilizzare twitter, e’ solo uno dei modi possibili, e, a dirla tutta, e’ una maniera che puo’ calzare meglio a chi ha molto seguito come Massimo, e deve fare una selezione.

    Io, nel mio piccolo, lo uso quando ne ho la possibilita’ come strumento sociale, di contatto piu’ diffuso ed aperto dei soli IM.

    Azzarderei questa formula:
    IM : telefono = twitter : piazza

    Se voglio parlare con un contatto uso un IM, se voglio chiacchierare con gli amici vado su twitter. Poi da li’ capita di seguire un link ed andare a commentare l’ultimo post di qualcuno… 🙂

  2. M’era venuto il dubbio che non leggesse manco i miei dopo sto post…invece no…legge…meno male che non gli ho risposto a vuoto… 😛

  3. Sottoscrivo il tutto 🙂

    All’inizio quando l’uso chat era più un caso che la prassi, era possibile che su twitter si potesse cogliere quel qualcosa che tutti abbiamo imparato a chiamare “serendipity”, qualcosa che casualmente poteva interessarci, pur se lontano da noi.

    Poi si è passati dal broadcasting ai saluti, ai link dei propri post, fino alla chat permanente, fenomeno inarrestabile, avvenuto con l’aumentare degli utenti bloggers e all’aggiunta degli amici degli amici che partecipavano alla grande comunità italiana di Twitter.

    Secondo me questa trasformazione ha impoverito anche la comunicazione attraverso i blog: se stai tutto il giorno a chiacchierare quando trovi il tempo per riflettere?

    Comunque vedo che la voglia di comunicare si sta spostando molto su Jaiku, che con la sua strutturazione è più adatto a questo scopo: per certi versi mi sembra una versione 2.0 di irc, con le dovute proporzioni.
    Forse la mossa di Mantellini è la più logica, anche se poi il rischio è quello di perdersi qualcosa per strada.
    Vedremo tra sei mesi come sarà cambiato il tutto.

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