La musica si impara da piccoli

1. Si parla spesso delle “scuole medie coi flautini dolci”, come se ci fosse una delega totale all’educazione dell’orecchio alla scuola dell’obbligo. Ma quando mai. La musica si impara, come la parola, come la pipì sul vasino, come la forchettina e il bicchiere con due manine, da mamma e papà.

(via La Flauta – L’educazione alla buona musica (come provare a cambiare il mondo))

La Flauta ha scritto una bellissima lettera al Ministro Bray e questo gli risponde nei commenti trascinandosi anche Gino Paoli come presidente SIAE.

Non contenta di aver conquistato i siti di news musicali e la home page del sito SIAE, si è montata la testa ed è passata alla parte propositiva.

E anche stavolta lo fa da applauso a scena aperta.

Non foss’altro perché ieri sera Piero Angela ci ha presentato un servizio sui neuroscienziati che hanno dimostrato che il cervello di bambini educati precocemente alla musica funziona meglio di quello degli altri bambini.

Non foss’altro perché la musica, vissuta e capita – per non dire studiata – è un piacere della vita che se la gioca ai punti col sesso e il cibo.

Non foss’altro perché, tra le righe, la Flauta si immagina una generazione che si appassiona alla musica e non ai testi delle canzoni, confondendo la litania cacofonica di voci stonate che azzeccano le parole di tutte le strofe di De André o Guccini (erre moscia compresa) in fondo al pullman della gita scolastica con l’amore per la musica di quelle stesse canzoni.

(ho citato solo i Grandi, sorvoliamo sul sapere – e trovare belle – tutte le strofe di Ramazzotti e co.)

Del resto lo aveva(mo) già scritto che la musica viene prima.

La musica è una gran figata e il godimento si nasconde nei passaggi, negli accordi, nell’insieme e nell’assolo ben dosati, nell’armonia e in un sacco di altri anfratti. Talvolta anche nella melodia, dai.

Se la musica italiana fosse cibo, mangereste sempre pasta al pomodoro e basilico?

Conoscendo davvero la musica si può veramente cambiare il mondo cambiando noi stessi. Non è un’esagerazione.

Spopolare spopola

amarcord_anni_80.png

Non faccio in tempo a riprendermi dalla botta di Scialpi che diventa Shalpy (via Cratete su frenfi) che mi imbatto su una gallery di successi degli anni ’80, sempre su Vanity Fair punto it.

Segue elenco ragionato delle didascalie:

  • Donatella Rettore: nel 1980 spopolava con la hit Il Kobra
  • Giuni Russo: nel 1981 spopolava con Un’estate al mare
  • Gruppo Italiano: nel 1983 spopolava con Tropicana
  • Sandy Marton: nel 1984 spopolava con People From Ibiza
  • I Righeira: nel 1985 spopolavano con L’estate sta finendo
  • Ivana Spagna: nel 1986 spopolava con Easy Lady
  • Sabrina Salerno: nel 1987 spopolava con Boys Boys Boys
  • Lorella Cuccarini: nel 1988 spopolava con La notte vola
  • Edoardo Bennato: nel 1989 spopolava con Viva la mamma

(Amarcord anni ’80: la topten dei dieci anni)

Non c’è che dire: nel 2012 spopola la fantasia nei titolisti di vanitifeirpuntoit.

Music comes first

Perchè, e questo ve lo dico alla fine, ma sarebbe bello lo capiste dall’inizio, una bella canzone ha le note belle, anche se decantate la lista della spesa. Altrimenti, è solo l’ennesima noiosissima opera onanistica con la quale impesterete You Tube ed affini.

Come imparare a scrivere canzoni | La Flauta

Il lungo post de la flauta è consigliatissimo a chi intende affollare i casting di x-factor e simili e tutti gli adolescenti dentro di noi che hanno provato almeno una volta a scrivere canzoni.

Il sottoscritto è noto per saltare a piè pari i mostri sacri come De André, Guccini e Battisti (diciamo quasi tutta la musica italiana in generale) perché gli sembra che parlino troppo.

Salvo poi perdere la testa per chi fa musica di prima grandezza, come gli Elii, musica che permette loro di dire qualsiasi cosa ancor prima di metterci le parole.

Ché gli archi, le note, la cadenza avrebbero già reso perfetta scrambled eggs.

I giradischi non suonano da soli

Cartello MediaWorld sui giradischi che non suonano da soli

Quando l’ho visto pensavo fosse un effetto dello stordimento da passeggiata in grande centro commerciale durante le vacanze natalizie. Poi ho pensato che fosse una battuta sardonica degli addetti alla sala ascolto hi-fi del negozio: non si trattava certo un di un piatto di riferimento Thorens ma solo di un giradischi USB per importare i vecchi vinili direttamente in digitale.

Infine, tristemente, l’ho presa come un segno dei tempi: le masse, le greggi, di persone che vanno in un megastore non sanno che un tempo esistevano gli impianti hi-fi a componenti separati, abituati al pollice sul tasto play del lettore mp3, probabilmente pensano che il suono esca da qualche parte arrangiandosi da sé.

Portiamoci t a + 10 anni, anzi basta un + 5 anni: un lettore USB 3 di CD/DVD da 49,99 euro su uno scaffale ci intimerà di non avvicinarci senza un collegamento ad Internet e la nostra Cross Platform MusicID, altrimenti non suonerà da solo il vostro dischetto di plastica iridescente.

P.S. ieri sera, la giovine 35enne che mi stava tagliando i capelli mi ha rivelato che sua madre possiede un disco originale dei Beatles, Get Back:

non mi ricordo più, quelli piccoli erano… come si dice? A 45 o a 33…? Beh, nella casa nuova lo incornicerò perché è troppo bello…

Missing McCartney link

SAW_LondonUndersound.jpg

Il cugino blogger (primo inoculatore del virus beatlesiano) mi segnala via gtalk:

Tolgo il cellophane e metto il disco. È un disco di Nitin Sawhney, un artista angloindiano che ha fatto cose molto belle negli anni passati, mescolando elettronica, pop e suoni terzomondisti, con bellissime voci femminili. E sono curioso di capire quale apporto frettoloso abbia dato McCartney, per essere segnalato così discretamente: invece c’è una vera canzone “di Paul McCartney”. Si chiama “My soul”, i due l’hanno scritta assieme, ha tutta la formidabile sdolcinatezza di un pezzo di McCartney e una meravigliosa voce femminile indiana in sottofondo.

[via Maccartneysmo | Wittgenstein]

Immagino che Luca non volesse infrangere la licenza CC di Vanity Fair… 🙂

ergo provvedo io ad aggiungere un paio di colpi di Google per approdare al titolo dell’album London Undersound e alla pagina del sito ufficiale con l’anteprima ascoltabile in diretta.

Vogliamo esagerare? Ecco i link diretti per iTunes: London Undersound album e My Soul (il singolo di Paul).

Produzione standard mccartneyiana degli ultimi anni, concordo con Luca.

Stonare è reato

Ma i cantanti “leggeri” italiani non sono stati sottoposti a nessun controllo di qualità e ci si trova spesso a dover ascoltare persone che stonano; è come dover giudicare il valore di uno scrittore leggendo un suo libro pieno di errori di grammatica. Voi ci riuscireste? Io no.

Elio in Il televoto non vale niente – Max

Cantare è una delle gioie della vita. Cantare bene è auspicabile. Essere intonati è un obbligo di legge.

Se vuoi canticchiare lo fai a casa tua, in bagno, in macchina, dove ti pare. Non ammorbare le orecchie altrui se vai mezzo tono sopra o sbagli gli acuti o credi che vengano prima il gorgheggio e la svisata soul del fare le note giuste.

Ho voluto molto bene ad amici e amiche poco intonate bisognose di evocare Guccini quando compariva una chitarra alle feste. Eravamo giovani, soprattutto eravamo amici.

Se non fai le note giuste non sperare in un vocal coach, prova con l’autocensura: non andare in TV, non aprirti un myspace.

No, neanche youtube. Quello proprio non vale.

P.S.: l’articolo di Elio è da leggere tutto.

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