Se questo è un titolo

Repubblica-papa-francesco

Repubblica in questo momento cerca di documentare l’intronizzazione di Papa Francesco tramite una mitragliata di link nel titolo e nel sommario. Ho fatto un conto veloce e ne ho contati 26, molti dei quali conducono a singole foto.

Ora io capisco le esigenze monetarie, di SEO, di richiamare attenzione e traffico ma al mio umile occhio di informatico e progettista web questa home page è un’accozzaglia di caratteri, niente più. Fateci caso: il testo del titolo è più alto della foto sottostante.

Si perde qualsiasi senso comunicativo, qualsiasi funzione per il cervello umano di selezione del contenuto in base ai titoli nei link e, ultimo ma non meno importante, il legame semantico tra ancora di un link (il testo su cui si appoggia il link) e contenuto della pagina di destinazione. Per intenderci, manca completamente la relazione che costituisce l’intelligenze di Wikipedia.

A mio parere il degrado dell’informazione online passa anche da queste concessioni selvagge alla ricerca di traffico e alla comunicazione urlata di tipo televisivo.

La screenshot ANSA di Beppe Grillo

beppe grillo rep ansa.png

La notizia è che Beppe Grillo caccia Favia e Salsi con un tweet e in un post sul suo blog rivendica il successo delle primarie e la presenza di democrazia interna.

Il post è aperto da un video del canale di Beppe Grillo che recita lo stesso messaggio presente nel testo. Il video di Grillo è quindi liberamente disponibile sia sul suo blog che su youtube. La licenza richiesta è la Creative Commons 2.0 Attribuzione – non commerciale – non opere derivate (A proposito esiste la CC 3.0).

Il pezzo di Repubblica.it è illustrato da una screenshot targata ANSA.

Premesso che una pagina non a pagamento può essere interpretata come non commerciale (se si escludono i banner). Perché il redattore non si è scattato una screenshot da sé?

Possibili risposte:

  1. Non lo sa fare
  2. Non voleva linkare il blog di Beppe Grillo
  3. Voleva lasciare le beghe di copyright all’ANSA
  4. Caricare una foto sul CMS di Repubblica.it è un incubo
  5. Altro?

Update: ne aveva già parlato Nicola D’Agostino in SCREEN SHOOTING IS HARD: LET’S GO SHOPPING (FOR COPYRIGHTED BLURRED IMAGES)!

Il giornalismo urlato fa il web schizofrenico.

Repubblica.it - Osama ucciso

E’ da un po’ che osservo l’evolversi delle home page dei giornali cartacei online, in particolare di Repubblica.it. Sono passati oltre dieci anni dallo “sbarco sul web” del giornale cartaceo, qualcosina è migliorato ma l’affannosa voglia di riprodurre online lo strillo del giornale cartaceo e la velocità urlata del telegiornale non si è affievolita.

Negli ultimi tre giorni ci sono stati tre eventi-notizia mondiali come il matrimonio di William e Kate, la beatificazione di Papa Wojtyla e l’Uccisione (presunta, direi) di Osama Bin Laden. Nei mesi passati c’è stato l’attacco alla Libia e le altre rivoluzioni nei paesi del nord Africa.

In ogni occasione l’home page si allarga a tutto campo, e il titolone diventa uno strillo sopra un carosello di foto a effetto.

Ma la sintesi di uno strillo non basta più, l’ansia di voler dire tutto ma proprio tutto in home page inzeppa sommario e occhiello di link grandi, link medi, link minuscoli con e senza iconcine.

Non contenti di ciò il titolo-strillo viene spezzato in più frasi ognuna linkata verso un contenuto diverso.

E’ il collasso dell’usabilità, l’informazione del web trasformata in urlo, l’attenzione del lettore-navigatore strattonata ad ogni occhiata.

Mai come ora benedico l’informazione data dal passaggio del mouse: se non vado a vedere nella barra inferiore di Safari (menu Vista > Barra di Stato) a quale indirizzo porta il link su cui sto passando il mouse non oso cliccare: non è chiaro in quale sezione del giornale si finisce, non si sa se verrà mostrato un video, un articolo o una foto (e se non ho flash istallato? E se non ho abbastanza banda?), non si sa se una volta all’interno dell’articolo avrò a portata di mano gli altri link sulla stessa notizia presenti nel titolo strillato della home page.

Praticamente sembra di stare in un ingorgo di traffico dell’informazione.

Continuo a pensare che, problemi di usabilità a parte, sul web quel che conta è l’interesse, non l’attenzione. Voglio essere informato da qualcosa che richiami il mio interesse e vi immetta dati nuovi, non da qualcosa che ha urlato più forte e mi abbia fatto precipitare nella pagina dei video più cliccati invece che nella sezione Esteri.

Se un evento è in aggiornamento frenetico può capitare di ritornare alla home dopo aver letto un articolo e trovarla cambiata, con una diversa disposizione di link “urlati” e parcellizzati nel titolo principale. Devo di nuovo orientarmi, aprire tante pagine in tab diversi e farmi un ordine mentale.

Leggere, anche nel bel mezzo di una breaking news, dovrebbe essere un piacere, non una fatica.

Per il tuo business

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Non so se è l’Afghanistan ad incentivare il cattivo gusto delle pubblicità dei quotidiani online ma anche oggi la storia delle home page sfortunate si ripete.

Non so se sono peggio i 500 minuti in più per il tuo business o il discreto orecchino a forma di Tour Eiffel. In ogni caso anche stavolta i due maggiori quotidiani italiani mi hanno fatto un brutto effetto, contornando una notizia tragica con pubblicità troppo colorate.

Credo che sul concetto di home page, splash page, shutter e altre amenità bisognerà ancora lavorarci a lungo.

Linko a futura memoria le pagine interne di repubblica e corriere relative alle salme degli alpini.

Update: segnalazione analoga di Pazzo per Repubblica per le home page di venerdi 8 ottobre.

Le domande non fatte su quel treno dell’indifferenza

L’articolo di Repubblica.it di oggi sul ragazzo senza braccia multato in treno sta facendo il giro della blogosfera.

Ho letto l’articolo stamattina appena sveglio sorseggiando il caffè e ne sono uscito col magone, immagino come sarà successo a molti dei 600 commentatori.

C’è tutto in quell’articolo: il dramma dell’handicap, l’Italia dell’indifferenza, la burocrazia delle ferrovie e quella della polizia. Materiale su cui riflettere a lungo.

Tuttavia vorrei gettare un piccolo seme del dubbio, e lo faccio da persona che detesta la burocrazia, ha dato un anno della propria vita (forse il più bello) agli handicappati e che odia l’indifferenza.

Quell’articolo è prima di tutto un racconto la cui chiave sta nell’ultima frase

L’autore è scrittore ed editore

Una fotografia, una bellissima fotografia. Profonda come quelle in bianco e nero a grana grossa, come un ritratto di Cartier-Bresson. Una rappresentazione della realtà, non un resoconto della realtà. Altrimenti non sarebbe stata così toccante.

Tuttavia se lasciamo da parte i sentimenti e ragioniamo come avrebbe fatto, per esempio, Poirot e le sue celluline grigie troviamo subito degli interrogativi che necessitano di risposte: il ragazzo senza braccia viaggia abitualmente su quella tratta? E’ conosciuto al personale delle FS o ha preso il treno all’ultimo minuto solo in quell’occasione? Se fosse una scena già vista si spiegherebbe il comportamento del personale viaggiante (scortesie a parte). Se viaggiasse abitualmente saprebbe come chiedere assistenza alla stazione e comprare il biglietto per tempo. Perché nessuno degli astanti (compreso lo scrittore) ha fatto il gesto di pagare la sanatoria mettendo i soldi che mancavano? Anche i passeggeri conoscevano il viaggiatore? Avevano già visto la scena? Oppure sono al corrente che il personale viaggiante è capace di ritorsioni? E quali?

La verità non ha mai una sola faccia. Scaviamo sotto la superficie: vorrei chiedere a Repubblica se ha inviato un giornalista alla stazione di Bari, se hanno chiesto un’intervista con le FS, se, dopo l’episodio (increscioso e toccante, non lo sminuisco certo) comincia un paziente factcheck.

Siamo nel Belpaese in cui la gente non si parla, non si fa domande ma guarda e passa.

Allora cominciamo ad usare il cervello e a farcela qualche domanda.

Vittorio Zucconi ce l’ha con Fredric Brown?

La storia si ripete: un anno fa Vittorio Zucconi celebrava i 10 anni di Google alludendo al celebre racconto di Fredric Brown.

Oggi in un pezzo di colore sull’iPhone come evoluzione ultima del concetto di computer succede la stessa cosa:

Uno scrittore americano di fantascienza immaginò negli anni 50, quando i calcolatori erano ancora grandi come vagoni ferroviari e lenti come calessi, che un giorno i potenti della Terra si sarebbero raccolti attorno al computer più potente del mondo collegato a tutti gli altri computer, per rivolgergli la domanda che ci tormenta da sempre: Dio esiste? E la macchina avrebbe risposto: “Adesso, sì”. Neppure lo scrittore di fantascienza osò tuttavia immaginare che dopo pochi anni, la “macchina di Dio” sarebbe divenuta tascabile.

Capisco la resistenza a citare direttamente il link di un blog, per non far uscire il lettore dal sito di Repubblica.it ma citare l’autore di un libro, oltretutto celeberrimo, che male fa?

Devo forse segnarmi fra 10 anni di scrivere un post tipo un celebre corrispondente dall’America di Repubblica era uso citare autori di fantascienza senza nominarli?

Filologia fantascientifica

Un classico della fantascienza raccontava, 40 anni or sono, di un nuovo supercomputer assoluto, che raccoglieva in sé tutta la conoscenza umana, attorno al quale capi di Stato e leader religiosi si raccolsero per rivolgergli la domanda alla quale nessuno aveva mai saputo rispondere: “Dio, c’è?” gli chiesero trepidanti. “Sì, ADESSO c’è” rispose Lui. Oggi conosciamo anche il nome. Google.
Vittorio Zucconi

(Via Phonkmeister.)

Il classico in questione è l’Ultima Risposta di Fredric Brown, uno dei più grandi geni della fantascienza, maestro del racconto breve (una pagina fino a poche righe), pubblicati in italia dalla Biblioteca di Urania in Cosmolinea B1 e B2. Celeberrimo è anche Sentinella.

Nota personale: mi manca il primo (B1) chi lo avesse me lo segnali nei commenti. Grazie

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