L’ultima notifica di Google Notifier

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Erano un paio di giorni che stavo pensando di disistallare Google Notifier perché ormai arrivano troppe mail e la notifica tempestiva non è più necessaria o si trovano valide alternative.

Sul computer di lavoro l’ho già spento. Stavo guardando l’icona del Mac di casa… e Google Notifier mi ha notificato l’arrivo della sua ultima mail.

So long, Google Notifier.

Tipi che non temono l’extreme programming

cr-48.jpg

Il pezzo di repubblica.it sul notebook con Chrome OS Cr-48 di Google non è male, tecnico il punto giusto, divulgativo il punto giusto, descrittivo il punto giusto.

Che ci fa allora una frase come questa?

Il Cr-48 è stato infatti concepito per vivere esclusivamente su internet e per dominare la grande nuvola di codici binari che sovrasta le nostre vite moderne.

E quest’altra, che segue un paragrafo ben scritto sulla dotazione software basata sulle Google Apps?

Il Cr-48 è un computer spartano, c’è poco da dire. Chiaramente un prototipo, un oggetto che è stato concepito per essere smaneggiato, è stato disegnato per essere usato dai developer d’assalto, gli sviluppatori di software. Tipi che non temono l’extreme programming, dove la codifica ha luogo tra una seduta di skateboard e l’altra e i diagrammi di flusso li si possono anche disegnare su una tavola di surfing mentre si torna dal mare.

Mi viene in mente Gianluca che disse (o forse scrisse su FF) “per me non c’è Mac OS o Win OS, ma c’è solo il web. Mica solo lui in questo quadro sarebbe un surfista developer d’assalto: molti utenti web nostrani, siano essi hacker professionisti o digiuni totali di tecnologia non si farebbero scrupolo di conversare su friendfeed, twitter, gmail, tumblr e tutti gli altri socialcosi da un netbook di Google. Lo fanno dall’iPad (si sono ormai fatti una ragione dell’assenza di porta USB) e da un MacBook Air vuoi che non lo facciano da un netbook?

O fai un pezzo di colore sul lifestyle tecnologico californiano o mi descrivi le tue impressioni sul nuovo notebook, cosa va e cosa non va delle sue caratteristiche tecniche.

I grandi scenari, quelli che fanno titolo sui giornali, non mi informano. Voglio sapere cosa può fare per me l’oggetto (infatti ho accolto l’invito di Google a provarlo), non se il contesto in cui vivo è sociologicamente adatto all’oggetto stesso.

Se mai Google mi farà provare il Cr-48 dovrò correre a noleggiarmi una tavola da surf, uno skateboard e fare il fenomeno in centro a Bulàgna.

Update: non sono il solo ad aver notato le metafore: Lega nerd, Anidride Carbonica e molti altri.

Google vs. magistratura italiana visto da Corriere e Macworld

Oggi nel passarmi un po’ dei 18mila post non letti in Google Reader, mi imbatto in un titolo curioso di Macworld USA:

Report: Google accused of violating Italian law

An Italian prosecutor has accused Google of violating Italian and European regulations in the way it handles its e-mail communications, the Corriere della Sera newspaper reported Monday.

L’articolo non linka il Corriere, ma basta una breve ricerca sul sito e trovo il pezzo del 28 settembre:

Milano, i pm contro Google: «Nasconde i suoi dati» – Corriere della Sera

Il procuratore: «Informazioni rimosse violando la legge». La replica: «Decidiamo noi cosa svelare»

Entrambi gli articoli riportano i fatti in maniera abbastanza completa (i magistrati italiani si lamentano che Google non fornisca i dati dei sospettati né li trattenga per 12 mesi) con una differenza: la “replica” citata dal Corriere si limita ad una frase ufficiale della vicepresidente degli affari legali di Google, Nicole Wong.

Macworld invece è andato ad informarsi direttamente telefonando alla portavoce di Google Simona Panseri, riportando una replica più approfondita (“La Polizia Postale può conferma che Google ha sempre collaborato alle indagini”) da cui si impara, tra l’altro che:

Wong’s letter was confidential and its publication could damage the interests of honest Internet users in Italy, Panseri said.

Il Corriere, pur meritevole di un paragrafo esplicativo sul concetto di cittadinanza in rete, dedica quasi tutto il pezzo alla chiosa per esteso della lettera di Carnevali, cita una frase della lettera riservata di Wong e non alza il telefono per cercare una conferma.

Macworld, che di solito si muove fra Twitter, aggiornamenti di Mac OS X e applicazioni Mac, si prodiga a cercare un riscontro e un altro punto di vista.

Jaiku has moved to Google servers

Qualche giorno fa si speculava sulla migrazione in corso di Jaiku, servizio di microblogging acquisito da Google ormai molto tempo fa e mai integrato nella propria infrastruttura.

Gli unici segni di cambiamento erano la chiusura dei gruppi e la scomparsa di nuovi inviti.

Ieri mi arriva questo mail ufficiale che sancisce il primo passo della migrazione: Jaiku gira sui server di Google, preparandosi a funzionare sullo stack Google Apps Engine:

Dear bolsoblog,

We’ve been working on the Jaiku service over the weekend after finding an issue with one of our servers on Friday. As part of the solution, we’re moving Jaiku to a Google data center.

This is something that we’d planned to do anyway, as part of our future transition to Google App Engine. Now that we’ve moved, we’ll need to ask you to review and accept a new terms of service and privacy policy.

As a special thank you for your patience, we’d like to throw a little nest-warming party and open unlimited invitations for Jaiku.

Please sign in at http://jaiku.com to review and accept the new terms.

Special notice to users of Jaiku Mobile: to reconnect Jaiku Mobile after agreeing to the new terms, select ‘Go Online’ from the Options
menu on your phone.

See you there!
Jyri and the Jaiku team at Google

New Jaiku Privacy terms
New Jaiku Privacy terms

Una volta accettati i nuovi termini di servizio si ritorna sulla propria home di jaiku, dove nulla è per ora cambiato se non la possibilità di invitare un numero illimitato di amici.

Jaiku mi ha sempre incuriosito, come utente di Twitter che ha dovuto subire gli alti e bassi di questo servizio: in Jaiku ci sono tutte le cose che mancano (i commenti, i canali, il riassunto di chi hai come follower e come friend, le icone di status). Secondo me ha sempre avuto i numeri per sfondare, ma nel frattempo è uscito ed esploso il fenomeno FriendFeed: meno strutturato, più immediato, con un meccanismo di commenti a dir poco virale.

Sono curioso di vedere quanta vecchia “anima” di Jaiku verrà sacrificata alle feature social che piano piano hanno reso imprescindibili gmail, gtalk e Google Reader (shared items, email di ogni item, lista di amici con relativi shared items, etc.) e se l’impasto funzionerà.

Vittorio Zucconi ce l’ha con Fredric Brown?

La storia si ripete: un anno fa Vittorio Zucconi celebrava i 10 anni di Google alludendo al celebre racconto di Fredric Brown.

Oggi in un pezzo di colore sull’iPhone come evoluzione ultima del concetto di computer succede la stessa cosa:

Uno scrittore americano di fantascienza immaginò negli anni 50, quando i calcolatori erano ancora grandi come vagoni ferroviari e lenti come calessi, che un giorno i potenti della Terra si sarebbero raccolti attorno al computer più potente del mondo collegato a tutti gli altri computer, per rivolgergli la domanda che ci tormenta da sempre: Dio esiste? E la macchina avrebbe risposto: “Adesso, sì”. Neppure lo scrittore di fantascienza osò tuttavia immaginare che dopo pochi anni, la “macchina di Dio” sarebbe divenuta tascabile.

Capisco la resistenza a citare direttamente il link di un blog, per non far uscire il lettore dal sito di Repubblica.it ma citare l’autore di un libro, oltretutto celeberrimo, che male fa?

Devo forse segnarmi fra 10 anni di scrivere un post tipo un celebre corrispondente dall’America di Repubblica era uso citare autori di fantascienza senza nominarli?

L’imperitura memoria dei log delle chat

Fosse per me conserverei tutto, figlio di cotanto padre che conserva tutto ciò che di cartaceo produce il Vecchio Mondo Analogico.

Compito decisamente più facile una volta che hai migrato la tua vita nel mondo digitale.

Se il bottone “archivia i log della chat” nei vari client (iChat, Skype, Adium, Google Talk) è attivato perché spegnerlo? Gli hard disk non vanno mica in malora per qualche MB di log, Gmail ci va a nozze, Spotlight trova anche le briciole appena depositate (ricordatemi che vi devo raccontare un episodio gustoso al proposito).

Quando hai dimenticato di trascrivere un numero di telefono, il luogo di un appuntamento, un indirizzo email incollato frettolosamente in una chat, lo ritrovi al volo, anche dopo numerose rotazioni terrestri.

Per non parlare del guardarsi dentro, attraverso la sciatteria della prosa chattistica. Roba che non vorresti più vedere. O che vorresti usare come l’archivio Andreottiano o il libretto nero del Numero Uno che tanto la chat funziona che se non logghi tu tanto loggo io tutto quanto.

Ma rimaniamo al caso pratico.

Ieri ho concluso un intervento di emergenza da casa, con Ulisse che mi faceva compagnia ridendo e producendo danni contenuti. Obiettivo: stoppare un tomcat server, eseguire un backup a freddo e farlo ripartire.

Bella, bellissima occasione di scatenare strumenti collaborativi: una chat di Skype con tre partecipanti, VPN avviata, comandi veloci sul Terminale.

Dall’altra parte un monito:

– il vostro tomcat è dedicato, ce ne sono un sacco, segnati questi riferimenti per le prossime volte così lo troviamo senza fatica.

Hey, bello, stiamo usando Skype, coi log imperituri, mi segno le info più tardi.

Più tardi, tra cambio bimbo, corsa dal commercialista e cena da genitori distrutti, si è tradotto in stamattina. Più di 16 ore dopo, come mi ha detto Skype quando ho aperto quella chat archiviata.

Se si chiede la history delle chat private con i singoli contatti, questa salta fuori nel browser da una pagina salvata in locale ed è effettivamente eterna. Se si chiede la history di una chat di gruppo Skype ti chiude la porta in faccia con la scusa del timeout.

Non pago del netto rifiuto a mostrarmi la history della chat, mi sono ricordato una parola chiave che avevamo usato e ho chiesto ripetutamente aiuto a Spotlight senza ottenere niente. Mi stavo rassegnando quando ho aperto il Terminale, dopo aver navigato dal Finder nelle cartelle dove più probabilmente Skype salva i dati delle chat (Library -> Application Support):


$ cd /Users/nomeutente/Library/Application\ Support/Skype/
$ grep -r paroladacercare *
Binary file nomeutenteskype/chatmsg256.dbb matches
Binary file nomeutenteskype/chatsync/01/01cf5b4948f06438.dat matches
$

Trovata!

E’ bastato aprire il file binario con BBEdit (ma sarebbe andato bene qualsiasi altro editor di testo) e cercare la parola chiave nel testo frammezzato da rumore di fondo a caratteri ASCII.

Trascritto ciò che mi serviva nel wiki di gruppo, ho ritrovato fiducia nei log. Quanto durerà quel file non so. Segnamoci la tecnica per il futuro.

Google: statistica come surrogato della semantica

Segnalo due notizie sulla strategia di Google per catturare le informazioni dai video e sul lancio di un nuovo motore per le traduzioni. La strategia è caratterizzata da un uso comune di metodi statistici, cosa che a Google riesce bene grazie all’enorme mole di dati di cui può disporre

La prima notizia è riportata in un’intervista di InfoWorld a Marissa Mayer, vice presidente Search Products & User Experience: Google sta lavorando ad un nuovo motore di speech-to-text che si basa sulla statistica raccolta durante le chiamate al numero telefonico di assistenza tecnica:

The speech recognition experts that we have say: If you want us to build a really robust speech model, we need a lot of phonemes, which is a syllable as spoken by a particular voice with a particular intonation. So we need a lot of people talking, saying things so that we can ultimately train off of that. … So 1-800-GOOG-411 is about that: Getting a bunch of different speech samples so that when you call up or we’re trying to get the voice out of video, we can do it with high accuracy.

Il risultato dovrà servire per implementare la ricerca all’interno dei video, che ora avviene tramite metadati.

Filologia fantascientifica

Un classico della fantascienza raccontava, 40 anni or sono, di un nuovo supercomputer assoluto, che raccoglieva in sé tutta la conoscenza umana, attorno al quale capi di Stato e leader religiosi si raccolsero per rivolgergli la domanda alla quale nessuno aveva mai saputo rispondere: “Dio, c’è?” gli chiesero trepidanti. “Sì, ADESSO c’è” rispose Lui. Oggi conosciamo anche il nome. Google.
— Vittorio Zucconi

(Via Phonkmeister.)

Il classico in questione è l’Ultima Risposta di Fredric Brown, uno dei più grandi geni della fantascienza, maestro del racconto breve (una pagina fino a poche righe), pubblicati in italia dalla Biblioteca di Urania in Cosmolinea B1 e B2. Celeberrimo è anche Sentinella.

Nota personale: mi manca il primo (B1) chi lo avesse me lo segnali nei commenti. Grazie

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