Non è solo un diario

Recentemente mi sono trovato a ribadire la mia opinione sul significato e le implicazioni di scrivere in pubblico. Al di là di questa occasione ne avevo già scritto qua e là nei commenti dei blog altrui o su FriendFeed: il tema mi appassiona e trovo che sia legato al concetto di intelligenza collettiva e alle conseguenze naturali di un ecosistema di pubblicazioni personali, non vere e proprie regole (nel senso di imposizioni cui obbedire) ma strutture intrinseche naturali, catene montuose o spine dorsali dell’ecosistema.

Il rischio tuttavia è di notare solo gli esempi negativi, anche per un amante della discettazione in sé qual è il sottoscritto.

Un altro tema che mi sta a cuore di cui invece ho parlato raramente è la funzione di autoanalisi del blog. Per ora ho molte idee e molto confuse, motivo per cui ho tardato a metterle in ordine. L’idea di base è che la scelta degli argomenti, dei modi e dei tempi di scrittura può fungere molto efficacemente da scoperta del sé o almeno di approfondimento.

La cosa è molto evidente in un diario personale ma non è il solo terreno di gioco disponibile. Certo è che in un diario la parte difficile è raccontarsi senza sbracarsi, compito non facile che cerchiamo di fare su iBaby. Portare delicatamente alla luce qualcosa di sepolto da lungo tempo è un grande risultato.

Quando mi imbatto in esempi positivi di questo tipo mi fermo a leggerli e faccio tanto di cappello.

Quando qualcuno, come la mamma di una ragazza gravemente malata conosciuta per caso in treno anni fa, mi racconta spontaneamente un episodio privatissimo e dignitoso, ciò mi fa sentire onorato. Anche se un minuto dopo tutto torna come prima, da bravo spaccatore di capelli in 2n.

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