L’imperitura memoria dei log delle chat

Fosse per me conserverei tutto, figlio di cotanto padre che conserva tutto ciò che di cartaceo produce il Vecchio Mondo Analogico.

Compito decisamente più facile una volta che hai migrato la tua vita nel mondo digitale.

Se il bottone “archivia i log della chat” nei vari client (iChat, Skype, Adium, Google Talk) è attivato perché spegnerlo? Gli hard disk non vanno mica in malora per qualche MB di log, Gmail ci va a nozze, Spotlight trova anche le briciole appena depositate (ricordatemi che vi devo raccontare un episodio gustoso al proposito).

Quando hai dimenticato di trascrivere un numero di telefono, il luogo di un appuntamento, un indirizzo email incollato frettolosamente in una chat, lo ritrovi al volo, anche dopo numerose rotazioni terrestri.

Per non parlare del guardarsi dentro, attraverso la sciatteria della prosa chattistica. Roba che non vorresti più vedere. O che vorresti usare come l’archivio Andreottiano o il libretto nero del Numero Uno che tanto la chat funziona che se non logghi tu tanto loggo io tutto quanto.

Ma rimaniamo al caso pratico.

Ieri ho concluso un intervento di emergenza da casa, con Ulisse che mi faceva compagnia ridendo e producendo danni contenuti. Obiettivo: stoppare un tomcat server, eseguire un backup a freddo e farlo ripartire.

Bella, bellissima occasione di scatenare strumenti collaborativi: una chat di Skype con tre partecipanti, VPN avviata, comandi veloci sul Terminale.

Dall’altra parte un monito:

– il vostro tomcat è dedicato, ce ne sono un sacco, segnati questi riferimenti per le prossime volte così lo troviamo senza fatica.

Hey, bello, stiamo usando Skype, coi log imperituri, mi segno le info più tardi.

Più tardi, tra cambio bimbo, corsa dal commercialista e cena da genitori distrutti, si è tradotto in stamattina. Più di 16 ore dopo, come mi ha detto Skype quando ho aperto quella chat archiviata.

Se si chiede la history delle chat private con i singoli contatti, questa salta fuori nel browser da una pagina salvata in locale ed è effettivamente eterna. Se si chiede la history di una chat di gruppo Skype ti chiude la porta in faccia con la scusa del timeout.

Non pago del netto rifiuto a mostrarmi la history della chat, mi sono ricordato una parola chiave che avevamo usato e ho chiesto ripetutamente aiuto a Spotlight senza ottenere niente. Mi stavo rassegnando quando ho aperto il Terminale, dopo aver navigato dal Finder nelle cartelle dove più probabilmente Skype salva i dati delle chat (Library -> Application Support):


$ cd /Users/nomeutente/Library/Application\ Support/Skype/
$ grep -r paroladacercare *
Binary file nomeutenteskype/chatmsg256.dbb matches
Binary file nomeutenteskype/chatsync/01/01cf5b4948f06438.dat matches
$

Trovata!

E’ bastato aprire il file binario con BBEdit (ma sarebbe andato bene qualsiasi altro editor di testo) e cercare la parola chiave nel testo frammezzato da rumore di fondo a caratteri ASCII.

Trascritto ciò che mi serviva nel wiki di gruppo, ho ritrovato fiducia nei log. Quanto durerà quel file non so. Segnamoci la tecnica per il futuro.

Social network survival

quando vedo 20 replay in 5 minuti ad un mio twitt quasi tutti di followers che non seguo penso che sto usando male questo strumento.

(Via Twitter / mante:.)

Quando Massimo Mantellini ha scremato la sua lista di amici su Twitter ci siamo trovati in un certo numero a fare reply verso il nulla metafisico. Massimo ha scelto di selezionare una cerchia ristretta di amici da cui ricevere aggiornamenti e di seguire il resto dei suoi followers solo attraverso le replies, le “risposte” che si possono dare con la formula @username che di recente Twitter elenca in una sottopagina apposita.

L’esperimento ha mostrato, grazie al seguito che ha Massimo, un altro lato di un social network di successo come Twitter, un lato che ne evidenzia i limiti tecnici e sociali. Con il metodo delle replies, l’utente può se vuole e se si ricorda sapere quali frasi gli vengono rivolte. Si tende tuttavia a perdere il sincronismo tipico di questo mezzo e la simmetria peer-to-peer del twit fra una coppia di friends reciproci.

La cosa mi aveva scaturito una serie di riflessioni che, sia ben chiaro, non sono rivolte a Massimo in particolare, ma che fanno parte delle elucubrazioni che vengono in mente a forza di praticare un mezzo addictive come Twitter. E lascio stare per ora la questione Google-Jaiku.

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