la vita e la morte ai tempi del web2.0

In origine questo post doveva chiamarsi qualcosa come “social meglio di amazon – ovvero Granieri in una scatola”. Avrei voluto infatti raccontare di come tre libri, segnalati da amici diversi su diversi social network e con significati molto diversi potessero essere ordinati inviando due link all’amica libraia che meno di 10 minuti dopo risponde:

ciao
qui skellig bellissimo arrivata oggi la ristampa
appena arrivato Metitieri da parte pure per te
Granieri a fondo di una scatola già qui

passa quando vuoi

Nico

Le implicazioni erano tante: un amico che ti consiglia un libro perché ha condiviso la tua storia, due libri sulla rete diametralmente opposti affiancati in una foto, la voglia di approfondire anche la voce più polemica, di dargli una chance, l’affidare il reperimento fisico dei libri ad un’amica comune del primo amico e ricevere comunicazione ruspante immantinente alla faccia dell’1-click shopping.

Il tempo di togliere gli occhi da quel mail e aggiornare la pagina di FriendFeed e la storia prende un altro corso: si diffonde la notizia della morte di Fabio Metitieri.

A questo punto il social network si muove, abbandona gradualmente il sarcasmo d’ordinanza, so passa la voce per verificare la notizia, si mettono insieme i pezzi, i messaggi ricevuti su FaceBook e la notizia viene confermata.

E così succede che un intellettuale digitale, esperto di biblioteche nel mondo reale e feroce polemizzatore nel mondo virtuale viene bruscamente e tragicamente ricollocato nella realtà della vita e della morte. La forza delle sue posizioni antitetiche a quelle della blogosfera si spegne nelle reazioni basite di chi lo può ricordare solo come antiblogger che viveva nei commenti dei blog altrui rifiutandosi pervicacemente di aprire un proprio blog.

Da idea astratta fatta di idee scritte a persona reale il cui unico punto di contatto può solo essere il consueto saluto Ciao, Fabio.

Le idee sono sempre interessanti in particolare quando sono antitetiche alle tue: ho ordinato il libro di Metitieri oggi pomeriggio memore del suo ottimo libro Biblioteche in rete di cui apprezzai, 15 anni fa la lucidità e la chiarezza di espressione. Ero curioso di vedere come le sue posizioni che conoscevo nella forma infiammata dei commenti si organizzassero e venissero sostenute nella forma organica di un libro, pronto a rispondere da questo blog.

Quando si spegne una voce ed una fonte di idee la prospettiva purtroppo cambia. Domani ritirerò e leggerò quel libro anche come forma di saluto e rispetto.

Ciao, Fabio.

Update: un bel ricordo di Vittorio Pasteris che l’ha conosciuto da vicino.

Sugli insegnamenti del Gioco di Ruolo

Ne avevo già scritto in occasione della morte di Gary Gygax ed ora ne parla il mio omonimo in un post da leggere tutto:

Ora, l’obiettivo di un gioco di ruolo è di costruire una storia che faccia divertire tutti. Siamo chiaramente nel campo dei giochi a guadagno condiviso: se uno dei giocatori (che possono muovere il loro personaggio come meglio credono) devia troppo da quello che il master ha preparato, è chiaro che tutto diventa subito meno divertente. Allo stesso modo se il master non equilibra al meglio il mondo di gioco causerà frustrazione nei compagni.

Sono passati molti anni da quando il roleplay veniva visto solo come un covo di nerd, secchioni timidi e metallari con magliette nere a praticare letteratura di genere (fantasy, horror, fantascienza) trasformata in gioco. O forse qualcuno ancora lo pensa.

L’importanza del meccanismo del roleplay (quello con matita, carta, dadi e umani intorno a un tavolo, non World of Warcraft che è un’altra cosa), delle dinamiche sociali e di apprendimento che si bevono insieme al divertimento delle partite è una cosa ormai accertata.

Sono anni che non gioco regolarmente eppure non finisco di stupirmi degli insegnamenti che mi spuntano in qualche angolo del cervello quando do un consiglio a Cesare o quando noto altre persone cadere in errori da principiante in un gruppo di lavoro.

La rete e i servizi web sono fenomeni di gruppo e presuppongono per definizione dinamiche sociali. L’osservazione di Kurai è perfettamente calzante. Aggiungerei solo che si può provare a fare a meno del Master per poi accorgersi di non andare da nessuna parte. Certo bisogna voler tenere gli occhi aperti per rendersene conto.

Social network survival

quando vedo 20 replay in 5 minuti ad un mio twitt quasi tutti di followers che non seguo penso che sto usando male questo strumento.

(Via Twitter / mante:.)

Quando Massimo Mantellini ha scremato la sua lista di amici su Twitter ci siamo trovati in un certo numero a fare reply verso il nulla metafisico. Massimo ha scelto di selezionare una cerchia ristretta di amici da cui ricevere aggiornamenti e di seguire il resto dei suoi followers solo attraverso le replies, le “risposte” che si possono dare con la formula @username che di recente Twitter elenca in una sottopagina apposita.

L’esperimento ha mostrato, grazie al seguito che ha Massimo, un altro lato di un social network di successo come Twitter, un lato che ne evidenzia i limiti tecnici e sociali. Con il metodo delle replies, l’utente può se vuole e se si ricorda sapere quali frasi gli vengono rivolte. Si tende tuttavia a perdere il sincronismo tipico di questo mezzo e la simmetria peer-to-peer del twit fra una coppia di friends reciproci.

La cosa mi aveva scaturito una serie di riflessioni che, sia ben chiaro, non sono rivolte a Massimo in particolare, ma che fanno parte delle elucubrazioni che vengono in mente a forza di praticare un mezzo addictive come Twitter. E lascio stare per ora la questione Google-Jaiku.

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