Apollo 11: uno splendido cinquantenne

Oggi ricorrono i 50 anni dell’allunaggio, un momento storico che ha segnato tutti quelli della mia generazione e ha popolato l’immaginario dei viaggi spaziali con tute bianche, caschi sferici e zaino enorme.

La rete brulica di letture commemorative. Io, da bravo bolso, mi limito a segnalare lo specialone del Post e il racconto dell’89enne Michael Collins nel Google Doodle celebrativo.

Quello che significa per me l’allunaggio l’ho scritto nel post di 10 anni fa per il quarantennale dello sbarco sulla luna.

(Toh, una volta si scriveva sui blog).

Mi soffermo invece su questo video di cui consiglio la visione integrale in cuffia cercando di seguire l’audio inglese. È la ricostruzione integrale dell’allunaggio visto dall’interno della cabina del LEM usando l’audio degli astronauti, del controllo volo a Houston e i dati della strumentazione (altitudine, inclinazione, programmi del computer in uso).

Emozionante.

The Blog is Back

(Si sente se parlo così?)

Pare che ci sia una rinascita dei blog. Sempre più persone si stanno stufando di scrivere solo sotto la Grande Cornice Blu, nel fiume (spesso melmoso) che scorre nella pianura di Zuck.

Mi manca la mia casa, la mia finestra di editing bianca, senza banner, notifiche di commenti, inviti a eventi, rumore, stimoli, casino.

Questo blog era fermo dal 2015, non è mai morto del tutto, era solo in animazione sospesa.

Poi ci ha pensato Sir Many a dargli una scarica (senza dire libera, veh).

Naturalmente me ne sono accorto subito. Naturalmente gli ho dato segni di vita solo alla terza puntata.

E sì che era un po’ che ci pensavo: avevo anche preso un dominio figo: ilbolso.blog ma sono rimasto indeciso con la versione international thebolso.blog. Poi sono diventati famosi quegli altri. Vedremo cosa farne. Intanto ditemi quale preferite.

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Parigi non è solo

 

Parigi non è solo una nota meta turistica.

Parigi non è solo la ville lumière.

Parigi non è solo le foto dalla piramide del Louvre o dalla torre Eiffel.

Parigi non è solo l’accento francese.

Parigi non è solo un tricolore sulla foto profilo. 

Succede che da quando sei piccolo hai amici francesi e parigini.

Succede che finisci per studiare il francese alla scuola media e trovare il miglior professore di francese del mondo al liceo (che, ovunque sia ora, sarà attaccato su twitter, con la vista ritrovata).

Succede che ti fanno studiare i romanzi dell’800 e ti sembra di conoscere ogni strada e ogni piazza.

Succede che quando ci vai e ci torni in vacanza ti innamori anche i marciapiedi, per non parlare del metro dove ti aspetti di incontrare Zazie.

Succede che in questo momento 15 ex studenti di liceo che hanno le lacrime agli occhi mentre sono incollati alla rete e pensano al vocione di quel professore che vagava tra i banchi. 

Succede che alcuni di loro ci sono andati a vivere a Pairigi, tanto le hanno voluto bene e noi dall’Italia ci preoccupiamo.

Parigi non è solo i cugini francesi.

Parigi è dentro di noi.

E fa molto male.

Un lunedì sera con Beethoven

Stasera per Pappanoinweb 2015 mi metto all’ascolto delle Sinfonie numero 4 e numero 7 del mio amico Ludovico Van.

Se non compare il player qui sotto (WordPress non vuole digerire l’iframe) ecco il link diretto allo streaming:

http://www.telecomitalia.com/pappanoinweb

Apple configura anche i teatri

Everything visible inside the Bill Graham Center was installed by Apple. Most of the structure was built just for the event. They even bought all the seating — you should probably contact Apple if you’re looking to buy theater seating. Effectively, Apple designed and built their own custom theater just for this event. It looked great.

via Daring Fireball: Brief Thoughts and Observations Regarding Today's 'Hey Siri' Apple Event.

All’evento di presentazione di iPad Pro, iPhone 6S, Apple TV Apple ha curato anche l’allestimento interno del teatro, nonché audio e video.

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Razza di deficienti!

Razza di deficienti! è un celebre racconto breve del compianto Isaac Asimov ed è anche un commento che mi viene spontaneo quando leggo le conseguenze di scelte informaticamente scellerate:

Nel caso non vi fosse ancora chiaro, dal 6 di Luglio uno dei più sofisticati e perfezionati sistemi di intercettazione a livello globale è libero e disponibile a chi ha anche limitate capacità di comprendere ed installare il codice che si trova all’interno dei Torrent. Significa che in capo a pochi giorni assisteremo alla messa online di installazioni di “Black RCS” o “Black Galileo”: installazioni “pirata” del software con bersagli decisi dai criminali. E questi bersagli possono benissimo essere politici, magistrati, competitor o anche – nel caso di paesi diversamente democratici – attivisti e oppositori di regime.
“Liberando” il codice si da l’opportunità a chiunque di replicare, migliorare ed installare una delle più sofisticate armi digitali in circolazione.

Nel post HackingTeam: di cosa dovete DAVVERO aver paura, Matteo Flora ci spiega questa e altre deprecabili conseguenze dell’affaire Hacking Team.

Non è solo il titolo del racconto di Asimov ad essere calzante: la trama stessa sembra fatta apposta: creare armi che non si è in grado di controllare e sperimentarle su di essi. Come se non bastasse, perderne il controllo e lasciarle in mano a chi si voleva combattere.

La Rete, 20 anni dopo

zeldman.com ha compiuto 20 anni. Jeffrey Zeldman, pioniere e profeta degli standard web, coglie l’occasione per dare un lungo sguardo indietro al cambio di abitudini indotto dal cambio di tecnologie. Di tutto il lungo pezzo mi ha colpito questo passo:

Today, because I want people to see these words, I’ll repost them on Medium. Because folks don’t bookmark and return to personal sites as they once did. And they don’t follow their favorite personal sites via RSS, as they once did. Today it’s about big networks.

Oggi tutto ruota intorno alle grandi reti, intese come grandi infrastrutture di servizi: grandi community, grandi pubblicazioni massificate.

Una volta credevamo di abitare in piccoli quartieri di casette monofamiliari invece oggi ci ritroviamo incasellati nei grattacieli della grande metropoli. Possiamo ancora abitare nel nostro blog di periferia ma per partecipare alla vita attiva dobbiamo frequentare il grosso centro commerciale di Facebook, scrivere i nostri pensieri e conversazioni sulla bacheca di Twitter e gli scritti lunghi sulle riviste di Medium. Se vogliamo essere notati o lasciare un segno visibile sulla rete dobbiamo quantomeno ripubblicare i nostri contenuti in casa d’altri. Regalandoglieli.

Questo meccanismo accentratore non ha risparmiato nemmeno la posta elettronica, la modalità di scambio di informazioni decentrata per eccellenza, quella che aveva reso indipendente ogni nodo della rete molti anni fa. Prima di avere tutti un accesso personale ad Internet, nei primi anni 90 eravamo soliti ritrovarci nelle BBS, server raggiungibili solo tramite connessione telefonica che comunicavano tra loro a intervalli regolari scambiandosi messaggi.

Finché ci si parlava sulla stessa BBS si attuava una configurazione “a stella”: tanti utenti si connettevano nello stesso punto depositandovi messaggi pubblici e privati. Al crescere dei nodi della rete di BBS e, successivamente, applicando lo stesso modello ai nodi della rete Internet, la configurazione per lo scambio dei messaggi cambiava: l’utente A si connette al nodo a lui vicino che trasmette il messaggio ad un altro nodo vicino all’utente B. I due nodi possono non avere niente in comune, essere di proprietà diverse e appartenere a reti diverse. Era il bello della rete, la sua intrinseca orizzontalità e democrazia diffusa.

Oggi tutto questo è ancora vero sul piano strettamente tecnico: ci sono ancora moltissimi fornitori e server di posta che si scambiano messaggi in maniera indipendente ma i comportamenti collettivi degli utenti della rete li portano a utilizzare solo i servizi di posta dei grandi colossi: Google, Apple, Facebook. Molto facili da usare, molto seducenti, soprattutto perché “tutti gli usano”.

Sempre dal punto di vista tecnico questi colossi possiedono una moltitudine di server ma dall’utente sono visti come punto di ingresso unico: un cloud, ma non importa come lo chiamiamo. Quando vogliamo mandare un messaggio dal nostro indirizzo Gmail ad un nostro amico che, con tutta probabilità avrà anch’egli un indirizzo Gmail, ci connetteremo ad un server di Google e così lui o lei (o asterisco) si connetterà ad un server di Google per leggerlo.

Di nuovo una configurazione a stella, con un centro un po’ sfumato ma pur sempre a stella. Siamo dipendenti da pochi grandi nodi in mano a pochi grandi colossi.

Un discorso ancora più deprimente si potrebbe fare per i sistemi di messaggistica istantanea e chat che non hanno mai realizzato di fatto una vera configurazione federata ma preferisco tenermelo per un altro post per non rovinarmi questo giorno di ferie.

20 anni dopo (forse qualcosa di più, nel mio caso) ho trovato una rete di tecnologie che va ben oltre quello che mi sarei augurato di trovare ma ho trovato anche una rete fatta di economia, capitali e comportamenti sociali che sembra riprodurre pattern umani preesistenti senza promuovere una vera evoluzione.

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Non c’è input senza output

Sono diversi giorni che sentivo l’esigenza di tornare a scrivere quando poco fa mi imbatto su un invito a scrivere apparso su friendfeed (no link: c’è il lucchetto). Corro ad approfittarne.

L’esigenza mi è nata dalla lettura di una grande quantità di cose interessanti e dalla percezione di non riuscire a trovare il tempo per formulare qualsiasi pensiero da esse derivanti. Una sorta di blocco digestivo ma non solo.

Leggere i post degli altri senza scrivere è come mangiare senza correre, ascoltare musica senza suonare ma anche capire veramente quello che si è letto senza dargli una forma

We often don’t know what we think until we write it down

(Euan Semple, The Written Word)

Il fiume di informazioni, grandi e piccole, strutturate o amorfe, pensieri o trattati, battute o cose serissime, che ci passa davanti se non viene incanalato e poi decantato nella nostra mente finisce per stordirci. E il nostro cervello si atrofizza, le azioni si sciolgono nel pigro clic su like.

E il pensiero va agli abitanti della Axiom.

E’ ora di ricominciare. Grazie, Bat.

Molti anni dopo

Un blog e’ un viaggio, si fa piu’ per se stessi che per il resto.

(Via un blog di dieci anni – [mini]marketing)

Gianluca con la consueta scanzonata nonchalance festeggia i suoi dieci anni di blog offrendoci un piccolo trattato sociologico della blogosfera, di chi scrive ancora (quando si ricorda) per se stesso e di chi scrive per gli altri.

La rete si è de-elitizzata ma questo non ci ha reso più intelligenti e il pensiero corre ai FATE GIRARE!1! E alla loro pretesa di trasmettere contenuti in grado di cambiare il mondo con vignette taroccate e decontestualizzate.

Io penso che il blog rimanga una scialuppa per i propri pensieri, sempre pronta a salvarli dal mare delle dimenticanze, anche se viene usata poco e lasciata lì, coperta di salsedine a subire gli spruzzi dei flutti di Facebook e Twitter.

Excel: anni e mesi tra due date – metodo alternativo

Qualche giorno fa Gaspar ha proposto un metodo per calcolare con Excel il numero di mesi divisi per anno solare tra due date arbitrarie. Il problema da risolvere è ripartire le quote annuali di iscrizione ad un’associazione professionale. Cito dal post di Gaspar Excel: anni e mesi tra due date:

Paola lavora per una associazione professionale e si occupa delle iscrizioni, che iniziano in periodi diversi e valgono per periodi diversi. Anche l’ammontare della quota varia a seconda del tipo di socio.

Paola ha bisogno di imputare a ogni anno la parte di quota di iscrizione proporzionale ai mesi di validità di quell’anno. I dati rilevanti che estrae dal gestionale in un foglio di Excel sono la data di inizio, la data di fine e l’ammontare della quota:

situazione_iniziale

Ti faccio un esempio: se un socio in data 01/06/2012 ha pagato $240 per 24 mesi, Paola vuole imputare $70 nel 2012, $120 nel 2013 e $50 nel 2014.

Il metodo di Gaspar, cui avevo già suggerito di tenere conto di intervalli di tempo maggiori di 24 mesi, si basa su individuare dove si trova la “testa”, il “corpo” e la “coda” della sequenza di mesi rispetto alla scansione degli anni solari. Gaspar perciò individua quanti mesi ci sono nel primo anno, quanti nell’ultimo e quanti negli anni intermedi. La somma fornisce il numero totale di mesi e le tre categorie forniscono una classificazione in cui andare a piazzare le colonne di ogni anno, verificando per ogni cella annuale a colpi di funzione logica SE, l’appartenenza al primo anno o all’ultimo anno (assegnando quindi il relativo numero di mesi), ad un anno intermedio (assegnandogli di default 12 mesi) o lasciata vuota (l’ultimo caso della catena di SE). Ogni casella viene infine moltiplicata per la quota mensile per socio.

Il metodo presuppone due assunzioni forti:

  1. Che si conosca in anticipo l’anno minimo e massimo di tutta la serie di dati, per preparare correttamente le colonne
  2. Che non vi siano due date all’interno dello stesso anno, ad esempio un abbonamento di soli tre mesi:

Date nello stesso anno

In questo caso l’Excel calcola per il primo anno il numero di mesi fra la data iniziale e il mese di dicembre, sbagliando i calcoli (riga 11 dei dati di Gaspar che ho alterato per fare la prova).

Amo poco l’uso di catene IF-ELSIF-ELSE e avevo l’impressione che il metodo si potesse risolvere minimizzando l’uso delle funzioni condizionali e usando un numero minore di informazioni. Inoltre volevo risolvere anche il caso di due date nello stesso anno. La soluzione si è basata su questi tre punti:

  1. Individuare correttamente i mesi del solo primo anno
  2. Calcolare direttamente i mesi totali
  3. “Spalmare” i mesi totali su tutti gli anni successivi

Per fare questo occorre fissare i dati del problema che troveranno posto nelle prime quattro colonne dalla E alla H.

Per prima cosa ho calcolato in colonna E il numero di mesi totale fra le due date (DATA.DIFF) e in colonna F la quota mensile per socio, per non doverla ricalcolare ogni volta nelle celle annuali:

mesi totali

Quota mensile

A questo punto ho inserito in colonna G un controllo per verificare se la data di inizio e fine appartengono allo stesso anno, inserendo 1 in caso positivo e 0 in caso contrario:

=SE(ANNO($B3)=ANNO($C3);1;0)

Stesso anno

Infine, in colonna H, calcoliamo quanti mesi dobbiamo imputare al primo anno, andando a verificare nella colonna precedente se la data di inizio e fine cadono nello stesso anno solare:

=SE($G3;MESE($C3)-MESE($B3)+1;13-MESE($B3))

Mesi primo anno

Da qui in avanti comincia il calcolo vero e proprio. Ho inserito anche colonne di anni esterni all’intervallo dei dati di Gaspar per verificare che il metodo restituisse zero mesi negli anni fuori dall’intervallo consentito.

Nel mio metodo la prima colonna a sinistra nella serie degli anni è speciale: funge da “seme” iniziale su cui le successive fanno un calcolo per accumulazione. In colonna I controlliamo quindi se il valore dell’intestazione è uguale all’anno iniziale, se lo è inseriamo i mesi del primo anno, altrimenti zero. Questo controllo sarà comune a tutte le celle successive:

=SE((I$2-ANNO($B3)=0);$H3;0)

Mesi 2011

Negli anni successivi eseguiamo due controlli:

  1. Se il valore dell’intestazione della colonna è uguale all’anno iniziale (come nel caso precedente), nel qual caso inseriamo il numero di mesi del primo anno
  2. Se la colonna è maggiore dell’anno iniziale, nel qual caso si tratta di un anno intermedio o finale. In questo caso inseriamo il numero di mesi di quell’anno calcolandolo come il valore minimo (MIN) fra 12 mesi (anno intermedio) e la differenza fra i mesi totali meno la somma dei mesi sottratti in tutte le colonne a sinistra. In formula:

=SE((J$2-ANNO($B3)=0);$H3;SE((J$2-ANNO($B3))>0;MIN(12;$E3-SOMMA($I3:I3));0))

Sembra più complicato a dirsi che a farsi, in realtà è semplice. Avendo noi fissato i mesi del primo anno e i mesi totali, ci accertiamo che una certa colonna sia diversa dal primo anno e andiamo a scriverci i mesi residui dal conto totale. Vediamo come esempio la prima riga dei dati di Gaspar. Si tratta di un abbonamento iniziato nel 2012 e finito nel 2015 per un totale di 36 mesi.

Nel 2012 abbiamo 7 mesi, che vengono copiati correttamente nella colonna J (la colonna I fallisce il controllo fra intestazione della colonna e anno e quindi riporta giustamente 0)

Mesi 2012

Nel 2013 rimangono 36-7 = 29 mesi, cioè più dei 12 mesi che formano un anno intermedio. La formula con la funzione MIN della colonna K riporta quindi 12, il minimo fra 12 e 29:

Mesi 2013

Nel 2014 i mesi restanti sono 36-7-12=17 mesi, ancora più grande di 12 quindi la colonna L riporta 12 mesi.

Nel 2015, ultimo mese di abbonamento, i mesi restanti sono solo 5, minore di 12, quindi la colonna M riporta il valore 5.

E le colonne successive? Come fanno a sapere di essere esterne all’intervallo degli anni? Facile: non lo sanno!

Nella colonna N come nella O e nella P, verificata la condizione che il relativo anno di intestazione (2016,2017,2018) sia maggiore dell’anno iniziale (come per tutte le colonne precedenti), la “magia” viene fatta ancora una volta dalla funzione MIN: Il calcolo dei mesi residui dà sempre 0: 36-7-12-12-5-0-0-0-0-… = 0 e il minimo fra 0 e 12 è sempre…0!

I vantaggi di questa formula sono molteplici:

  • Non c’è la catena di IF-ELSIF-ELSE (migliore leggibilità)
  • Non devo controllare se sono sull’ultimo anno né se sono su anni intermedi con una doppia condizione, basta solo che non sia sul primo anno, il resto viene per differenza
  • Usando correttamente gli indici di colonna iniziali con il segno $ la sommatoria può essere spalmata automaticamente facendo copia e incolla delle formule sulle celle successive (utile in caso di macro).

Per concludere il calcolo bisognerebbe aggiungere tante colonne quanti sono gli anni in cui fare la moltiplicazione effettiva della quota mensile. Non l’ho fatto perché ho preferito concentrarmi sul calcolo teorico dei mesi. Personalmente preferirei fare un secondo foglio di calcolo che, usando i riferimenti alle colonne annuali del primo, si occupi solo della moltiplicazione: in questo modo non dobbiamo nascondere le colonne dei mesi e possiamo consultarle facilmente in caso di dubbi.

Bonus: ecco di nuovo la riga 11 con l’abbonamento “corto” nello stesso anno correttamente calcolato.

Stesso anno - esempio

Trivia: il foglio di calcolo è stato fatto il giorno di Pasqua con Numbers sull’iPad (da cui le screenshot colorate) e poi esportato in Excel (da cui ho tratto le formule testuali). In allegato i due file:

P.S.: per i solutori più abili: anche il mio metodo usa un terzo IF ma è ben nascosto!

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