Razza di deficienti!

Razza di deficienti! è un celebre racconto breve del compianto Isaac Asimov ed è anche un commento che mi viene spontaneo quando leggo le conseguenze di scelte informaticamente scellerate:

Nel caso non vi fosse ancora chiaro, dal 6 di Luglio uno dei più sofisticati e perfezionati sistemi di intercettazione a livello globale è libero e disponibile a chi ha anche limitate capacità di comprendere ed installare il codice che si trova all’interno dei Torrent. Significa che in capo a pochi giorni assisteremo alla messa online di installazioni di “Black RCS” o “Black Galileo”: installazioni “pirata” del software con bersagli decisi dai criminali. E questi bersagli possono benissimo essere politici, magistrati, competitor o anche – nel caso di paesi diversamente democratici – attivisti e oppositori di regime.
“Liberando” il codice si da l’opportunità a chiunque di replicare, migliorare ed installare una delle più sofisticate armi digitali in circolazione.

Nel post HackingTeam: di cosa dovete DAVVERO aver paura, Matteo Flora ci spiega questa e altre deprecabili conseguenze dell’affaire Hacking Team.

Non è solo il titolo del racconto di Asimov ad essere calzante: la trama stessa sembra fatta apposta: creare armi che non si è in grado di controllare e sperimentarle su di essi. Come se non bastasse, perderne il controllo e lasciarle in mano a chi si voleva combattere.

L’ultima notifica di Google Notifier

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Erano un paio di giorni che stavo pensando di disistallare Google Notifier perché ormai arrivano troppe mail e la notifica tempestiva non è più necessaria o si trovano valide alternative.

Sul computer di lavoro l’ho già spento. Stavo guardando l’icona del Mac di casa… e Google Notifier mi ha notificato l’arrivo della sua ultima mail.

So long, Google Notifier.

Perché l’informazione migliora quando

Perché l’informazione migliora quando chi la fa viene sottoposto ogni giorno a un check – pure feroce – su quello che scrive, che fa o che dice: ma concreto, fattuale, puntuale, onesto, autentico. Con una contrapposizione di argomenti, di visioni, di idee, di fatti. Con l’onestà intellettuale. Con la trasparenza. Possibilmente senza riferimenti ai difetti fisici dell’interlocutore. O alla sua appartenenza a una categoria – quale che essa sia. Facendo infine propria, se possibile, anche una ecologia del linguaggio che ormai mi pare irrimandabile e che ha come unica alternativa la barbarie e i forconi.

(Via Oppo, Grillo, noi giornalisti)

Passare oltre, andare alla sintesi fra tesi (il giornalista intoccabile) e antitesi (il giornalista casta) a colpi di factchecking, secondo Alessandro Gilioli che la dice molto meglio di me.

Il contesto influenza il contenuto

Segnalo in ritardo il post di Leonardo a proposito della rinuncia di Dario Bressanini a scrivere sui blog de Il Fatto Quotidiano.

E’ il tipico caso in cui non si vuole vedere quanto l’aggregatore fissi il “baricentro” degli argomenti dei post, e quanto uno “spazio collettivo” diventi “punto di vista”. Il problema nasce quando il punto di vista della collettività degli scrittori si confonde percettivamente con quello dell’editore del sito.

Gomez non è un ingenuo, credo che sappia benissimo qual è l’inconveniente: quei 400 blog con l’adesivo del Fatto Quotidiano sono il Fatto Quotidiano. Il lettore li percepisce come Fatto Quotidiano. Se parlano delle nanoparticelle delle merendine, il lettore riterrà di avere letto sul Fatto una notizia sulle nanoparticelle nelle merendine. Non un’opinione: un’informazione. Capisco che un quotidiano consenta opinioni diverse, ma una merendina alle nanoparticelle non è un’opinione. O esiste – e allora mostramela, fuori la fonte. Oppure non esiste. E allora mi stai dicendo una bugia. E se sul tuo post c’è l’adesivo del Fatto Quotidiano, il FQ mi sta dicendo una bugia.

(Via I blog del Fatto non esistono.)

Rimuovimi questo

Non sono pagato da nessuno se non dal mio lavoro di artigiano, non ho votato m5s e non voglio fare polemiche. Non mi sento uno schizzo di merda e nonostante tutto speravo che l’ingesso del Vs movimento potesse dare un vero contributo ad un cambiamento sempre più indispensabile. Non so se aspirare al 100% dei consensi possa essere l’obbiettivo di un un espressione politica in un paese realmente democratico. La capacità di trovare soluzioni si esprime attraverso il confronto, magari duro , onesto e trasparente, ma confronto. Mi aspetto questo ora che ne avete giustamente la possibilità. Uno schizzo vale uno schizzo per parafrasare uno slogan a voi caro e condivisibile in pieno ma tanti shizzi possono fare un fiume, …. ribadisco senza polemiche.

Questo è il commento di Roberto al post di Beppe Grillo “Schizzi di merda digitali”.

E’ un commento che esprime un parere discordante con parole misurate e prive di insulti.

Eppure non lo si può trovare sul sito di Beppe Grillo: fate una prova cercando il cognome del commentatore poi cercate il cognome o il nick di un commentatore che abbia un commento pubblicato sul sito.

Fa parte dei commenti rimossi che vengono recuperati dal sito nocensura: il sito esegue automaticamente la scansione dei commenti del blog di Beppe Grillo e recupera i commenti rimossi.

Nelle Note informative del sito si legge:

  • Non si intende violare alcun tipo di copyright o appropriarci di materiale di terzi. Vengono riportati soltanto
    i contenuti RIMOSSI, tranne nel caso di rimozione di un sotto-commento, in cui viene riportato (per contestualizzazione)
    anche il commento principale.
  • Non si vuole esprimere alcuna opinione o giudizio o azione diffamatoria nei confronti del blog, ma esercitare il semplice
    diritto di cronaca, riportando i fatti avvenuti.

Anche questa è Internet, il luogo dove non puoi mentire (cit.).

La screenshot ANSA di Beppe Grillo

beppe grillo rep ansa.png

La notizia è che Beppe Grillo caccia Favia e Salsi con un tweet e in un post sul suo blog rivendica il successo delle primarie e la presenza di democrazia interna.

Il post è aperto da un video del canale di Beppe Grillo che recita lo stesso messaggio presente nel testo. Il video di Grillo è quindi liberamente disponibile sia sul suo blog che su youtube. La licenza richiesta è la Creative Commons 2.0 Attribuzione – non commerciale – non opere derivate (A proposito esiste la CC 3.0).

Il pezzo di Repubblica.it è illustrato da una screenshot targata ANSA.

Premesso che una pagina non a pagamento può essere interpretata come non commerciale (se si escludono i banner). Perché il redattore non si è scattato una screenshot da sé?

Possibili risposte:

  1. Non lo sa fare
  2. Non voleva linkare il blog di Beppe Grillo
  3. Voleva lasciare le beghe di copyright all’ANSA
  4. Caricare una foto sul CMS di Repubblica.it è un incubo
  5. Altro?

Update: ne aveva già parlato Nicola D’Agostino in SCREEN SHOOTING IS HARD: LET’S GO SHOPPING (FOR COPYRIGHTED BLURRED IMAGES)!

L’internet adolescente

Gaspar è diventato verboso da 11 anni e vede la rete ancora nella sua prima infanzia:

Ci potremo dire nella prima adolescenza quando

  • la rete sarà veloce, simmetrica e pervasiva;
  • tutti gli oggetti connessi saranno server indirizzabili.

Non vedo l’ora.

Tra altri 11 anni ci troveremo a festeggiare il compleanno del Maestro in chat tra Apple iGlasses e Google Googles:

– Auguri, Gaspar! Con cosa brindi?
– Con niente, il frigo è unresponsive
– Perché? CPU piena?
– Disco pieno, non ha ruotato i log.
– non ti ha mandato la mail?
– è finita nello spam.
– ti cucini qualcosa?
– il microonde è andato…
– Bruciato? Formattato?
– L’ho beccato mentre mi stava ordinando certe pastigliette…
– LOL
– Piuttosto, cos’è questa musica, Federico? Ti facevo di gusti più alti…
– No, niente, firewall dimenticato sull’ampli…
– Eh, eh…
– L’hanno attaccato degli hacker di Cesena…

Sento la nostalgia d’un passatooooo….

Buon compleanno, Gaspar!

Cultura popolare

Stamattina, per un caso cui non sono riuscito a sfuggire, ho scelto nell’armadio tutti capi blu.

Mentre prendevo uno dopo l’altro pantaloni, camicia e golf blu, nella testa risuonava Blue (Da Ba Dee).

Non mi è venuto in mente Gershwin o Modugno, sarebbe stato troppo facile.

Ieri stavo vedendo le splendide foto del centenario del Titanic su The Big Picture; non sono neppure arrivato alle prime foto subacquee che nella testa avevo la voce di Celine Dion:

Non sono foto tratte dal film, sono foto storiche, documenti originali, pezzi esposti nella mostra commemorativa, eppure il cervello era già deviato.

E’ impressionante quanto un messaggio mainstream non desiderato possa inculcarsi nel cervello a scapito di altri messaggi desiderati e studiati. Sarà per quello che, dopo aver governato televisivamente quel tale aveva paura che i libri di storia inculcassero nozioni sgradite negli intonsi cervellini degli ignari scolaretti? Sarà per quello che i 10 milioni di spettatori di Striscia o quelli de Le Iene mi hanno sempre dato i brividi?

Al solito meglio di me l’ha detto (e disegnato) xkcd:

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Il Manifesto e l’evoluzione dei giornali

Oggi ho letto il terzo di tre post che mi sono piaciuti sulla crisi finanziaria del Manifesto: Leonardo: Manifesto del conservatore di sinistra

Dopotutto il Manifesto su internet non ha affatto una cattiva presenza. Forse il problema è dei lettori che il Manifesto si è scelto, si è formato in tutti questi anni. Sono loro che dovrebbero condividere di più il Manifesto, e mostrare ai redattori magari un po’ scettici che la versione web può funzionare, può attirare più lettori, può rimettersi al centro del dibattito culturale (perché politicamente resterà sempre un po’ ai margini, ma una volta il Manifesto era “la” cultura di sinistra). Sono i lettori che devono cliccare su quegli accidenti di tasti colorati che ci sono già, sono lì apposta, e provare a portare un po’ più di Manifesto nelle praterie del web, dove tanta gente ne ha bisogno ma non ha la minima idea e finisce per farsi intruppare da Beppe Grillo e altre biowashballs. Sono i lettori che devono smettere di finanziare il Manifesto cartaceo più o meno come si dà l’elemosina a uno che te la chiede, con la prospettiva di chiedertela anche domani e dopodomani e ogni volta che la libertà d’informazione sarà minacciata.

Il post chilometrico e verboso di Leonardo (da leggere tutto, come al solito) riassume alla perfezione il rapporto con una testata inteligente, critica, pesante e verbosa che ha sempre abitato casa mia da che io ho memoria.

Il consiglio più diffuso è quello di trasferirsi sul web come inevitabile evoluzione darwiniana dei giornali, tesi sostenuta anche da Mantellini:

[…] i giorni scorsi la direttrice de Il Manifesto ha ripetuto la solita frase che si dice sempre in questi casi: “stanno uccidendo il pluralismo”. È una sciocchezza: se riusciamo ad astrarci un istante dal singolo caso in questione, l’informazione italiana non è mai stato tanto pluralista quanto lo è oggi. Per un singolo giornale di carta che non trova lettori (perché i poteri forti lo stritolano, perché la TV mangia tutta la pubblicità, perché Berlusconi non c’è più ecc.) ci sono dieci giornali di bit che raggiungono ogni giorno dieci o cento volte i lettori de Il Manifesto. Dieci o cento volte, numeri reali.

[…]

Quando la stampa difende i propri privilegi contro ogni logica rende probabilmente un cattivo servizio ai suoi lettori.

In realtà se è vero che i numeri reali portano la gente sul web quando il web è gratuito, più difficile è fondarci un’impresa basata su entrate certe. Il navigatore odia sia i banner lampeggianti (le home page dei principali quotidiani stanno diventando illeggibili) sia i paywall e i contenuti premium a pagamento.

Un’alleggerimento e un ripensamento della struttura editoriale sono inevitabili nel caso del trasferimento dalla carta al web. E allora che fare delle persone che lavorano ora nella carta?

Inoltre: la metrica del mercato non è detto che sia l’unica. Certo è l’unica che diamo per scontata, come per scontato si da il metro dell’audience per la televisione. Pierluca Santoro, si chiede se il Mercato sia Perfettibile in un post ricco di analisi e proposte:

La revisione sui criteri di finanziamento ai giornali a mio avviso deve tenere in conto, in ordine sparso: 1) no a finanziamento su tirature, se del caso su diffusioni 2) finanziamento crescente al diminuire dell’affollamento pubblicitario 3) bonus su finanziamento dei cittadini; per esempio se X numero di cittadini gira il suo 8 per mille a favore di un quotidiano c’e un bonus statale 4) no a finanziamento di organi di partito, consono già i finanziamenti ai partiti non c’è bisogno di una duplicazione 5)….[integrate pure nello spazio dei commenti se ve ne vengono in mente altri di criteri]

Insomma, se la perfezione del mercato è assolutamente perfettibile, non è un caso probabilmente se i primi ai quali si cerca di far pagare il prezzo siano proprio coloro che hanno dimostrato attenzione ed etica nel proprio approccio.

L’idea importante è che ci possa essere una gradualità nel passaggio da un’editoria sostenuta da finanziamenti pubblici a un’editoria autonoma. E’ probabile che le microtestate di partito o altri giornali di rappresentanza non ce la facciano ma chi è dotato della squadra migliore, di gente che sa scrivere ed interessare ce la potrebbe fare.

Ammesso e non concesso che il Mercato sia l’unica metrica da seguire, quello che mi stupisce è che tutti questi ragionamenti non siano mai accompagnati da simulazioni, grafici, previsioni nel merito. E’ inutile brandire il totem del Mercato se non metti alla prova (simulando, senza che nessuno si faccia male) i parametri che dovrebbero muovere il mercato stesso.

Quattro messaggi dal buio

Joho the Blog » Four messages from the dark: Fourth, there’s a growing “we” on the Internet. It is not as inclusive as we think, it’s far more diverse than we imagine, and it’s far less egalitarian than we should demand. But so was the “we” in “We the People.” The individual acts of darkness are the start of the We we need to nurture.

(Via Gaspar)

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