12 gradi di relazione

Ci voleva Mafe e il suo dodecalogo a risvegliare il Bolsoblog dal suo letargo.

12 cose che abbiamo tutti imparato in anni di frequentazioni online e che, come prevedibile, hanno generato un’interessante discussione nei commenti del post.

Mafe De Baggis » Mettiamocela via: 3. Le relazioni online sono come le relazioni offline: poche sono profonde, moltissime sono superficiali, altrettante sono opportunistiche, di maniera o false.

Questo punto mi interessa particolarmente e mi ispira un punto 3bis:

I componenti delle relazioni online sono gli stessi di quelle offline. Le relazioni online e offline sono diverse perché il medium altera la trasmissione dei singoli componenti.

Nerds still like files too much

Un’interessante conversazione riguardo la perdita di visibilità del filesystem che sta accompagnando inevitabilmente l’era dei post-PC devices:

Dropbox vs. iCloud — 512 Pixels:

Dropbox’s main usage is to sync files; iCloud would have users sync data, hiding the individual files from the user interface. MobileMe’s iDisk was more of a direct competitor with Dropbox than iCloud is, as its primary use was syncing folders and files.

Apple’s wants to leapfrog this entire model with iCloud. iCloud may become the go-to solution of OS X and iOS users to sync data in the future, but right now, that’s just not true. Nerds still like files too much.

Daring Fireball:

Perhaps not a bad definition of a post-PC device: one with no user-visible file system. […] That’s why we nerds love Dropbox on our post-PC devices — it gives us some PC-like control. Sometimes we want files.

Nel lavorare con le applicazioni, escludendo cioè il lavoro dell’informatico all’interno delle applicazioni e delle infrastrutture, si tende a creare un gran numero di files riproducendo il disordine di una scrivania fisica piena di fogli e raccoglitori.

Avere a che fare con i soli files di Pages, Numbers e Keynote o gli album e playlist di iPhoto e iTunes, che sono astrazioni di gruppi di files “reali” sul filesystem, dovrebbe indurre una maggiore pulizia mentale, un minimalismo fondato sulla scelta. Creo un nuovo progetto solo se ho uno scopo preciso, fosse anche la lista della spesa.

Il condizionale è d’obbligo, perché non siamo tutti decisionisti tantomeno decisionisti zen.

Wikileaks – E’ difficile stabilire con certezza

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Il mondo è in ebollizione per le rivelazioni di wikileaks e non c’è tanto tempo per fare una scheda su dove si trovino i server, nemmeno quello per cambiare le frasi copiaincollate.

Comincio il giro da Repubblica.it che ci adorna le foto del bunker Pionen:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

(via Foto Svezia, nel bunker dei server di WikiLeaks – 1 di 13 – Repubblica.it)

Proseguiamo con l’Unità.it che ci fa una schedina senza foto:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: e’ li’ che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entita’ giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, e’ proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondita’ a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, e’ “Pionen White Mountains”. Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito e’ sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda pero’ a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Wikileaks, il mistero sui server che fanno tremare il mondo – Mondo – l’Unità.it)

Stesso testo per Rainews24.it:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda.

I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet.

Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Mistero sui server che fanno tremare il mondo – Rainews24.it)

Forse che sia un’Ansa?

ROMA- E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: e’ li’ che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entita’ giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, e’ proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange.

I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondita’ a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, e’ “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito e’ sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda pero’ a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Wikileaks: mistero su server che fanno tremare mondo – Mondo – ANSA.it)

No, forse è dell’Unione Sarda:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”. Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verità al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet del sito principale, rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Il mistero sui server che fanno tremare il mondo – Nel Mondo – L’Unione Sarda)

Interessante scoop anche per i Bambini di Satana:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda.

I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet.

Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Mistero sui server che fanno tremare il mondo)

Smetto qui e vi lascio continuare il gioco con Google.

Non mi pare però un bel modo per iniziare il giorno che cambiò l’informazione, quello che secondo le intenzioni di questo bell’editoriale di Repubblica, lancia una nuova sfida sia ai cittadini internettiani che ai giornalisti:

[…] gli operatori professionali dell’informazione avranno il compito di “confezionare” al meglio i file rivelati, renderli il più “leggibili” possibile e, soprattutto, con un lavoro di grande qualità, scavare negli archivi e nella memoria per collegare e spiegare fatti e misfatti che quelle carte certamente collegano e spiegano purché qualcuno sappia metterci le mani con perizia.

(via Il giorno che cambiò l’informazione – Repubblica.it)

Drupal 7 vs. WordPress 3

Drupal 7 vs. WordPress 3: Battle of the New Features » CommonPlaces Gazebo:

It is very clear from the promises of these two new releases at least that Drupal is attempting to become more user-friendly (WordPress’ strength), and WordPress is reaching for some of Drupal’s strengths, such as custom content types and taxonomies. Both platforms appear poised to become very powerful tools in the world of Web development.

(Via Planet Drupal.)

E’ sempre stata anche la mia impressione, da utente WordPress casalingo e da programmatore Drupal sul lavoro. La dashboard di WP, i menu, l’intefaccia di editing dei post sono imbattibili, se le si accetta così come sono. La flessibilità di Drupal, la personalizzazione di ogni schermata, menu, interfaccia, blocco a seconda dell’utente loggato, di condizioni arbitrarie e di altre variabili fanno sembrare wordpress un giochetto.

Secondo me ci sarà prima o poi uno scontro fra i due o – ancora meglio – una convergenza di interoperabilità.

Diamo un blog a Steve

Let’s give Steve a blog

Chuq ci racconta, senza fare cognomi ma solo un nome, di quella volta che ad una riunione con i soliti sospetti (PR, Marketing, Legal) intenti a creare nuovi canali di comunicazione tra Apple e il pubblico tirò fuori l’idea di un blog che sarebbe stato il blog più letto del pianeta.

La paura del capo fece tornare l’idea nel cassetto, il messaggio adobi et orbi l’ha fatta tornare fuori, almeno come proof of concept.

Firehose reloaded

Steve Rubel riprende la metafora dell’idrante

idrante_steve.png

tre anni dopo Gaspar Torriero

idrante_gaspar.png

Interessante la differenza sul come usare l’idrante:

To mitigate this ongoing trend of streams, communicators will need to: 1) be as ubiquitous as possible, 2) adopt multiple messages, stories and formats and 3) make sure you allow your employees to get out there – in other words, use the force, don’t fight it.

(via Presentation: Communicating in the Age of Streams – The Steve Rubel Lifestream).

Mentre tre anni fa l’attenzione era su RSS e filtri (Google Reader, segnalazione della rete sociale) oggi è sulla molteplicità dei canali e sull’ubiquità.

Readability: web e giornali dalla pubblicità alla lettura

Sono giorni caldi per la storia d’Italia. Un tantino e via. La mia frequentazione dei quotidiani online è decisamente aumentata e di conseguenza è stata messa a dura prova la mia sopportazione per l’impaginazione da portalone anni ’90.

Dopo la geniale trovata di impadronirsi dell’intero sfondo del giornale la novità di oggi delle fervide menti dei creativi del web ha partorito un banner a espansione che si allarga fino a metà pagina per poi chiudersi da solo, una volta assicuratosi che di prima mattina ti sia venuta voglia di fare snowboard con un’auto nuova (o almeno così ho capito io prima del primo caffé):

repubblica_pubblicità

Oggi piuttosto che leggere avrei chiuso il browser se da qualche mese non avessi avuto una comoda bookmarklet

readability_bookmarklet

che mi trasforma la pagina di Repubblica in quella di un ebook:

repubblica_readability

Leggere dovrebbe essere un diritto, e proprio ad un articolo Pennachiano di A List Apart in difesa del lettore, arc90 ha risposto con un esperimento chiamato Readability.

Si tratta di un javascript che, istallato come bookmarklet, analizza la pagina che stiamo leggendo e la riformatta secondo le nostre indicazioni per trasformarla in una pagina elegante e comoda da leggere.

Readability è un gioiellino di programmazione web, funziona egregiamente su pagine che hanno un evidente contenuto principale di testo (è inutile su tutte le home page, per intenderci) ed elimina tutto il rumore di fondo costituito sia dalla pubblicità sia dalla cattiva impaginazione, ostinatamente reminiscente dell’impaginazione su carta.

Istallato per fare una prova dopo la segnalazione di John Gruber non riesco più a farne a meno: funziona egregiamente sui maggiori quotidiani (Repubblica, il Corriere, la Stampa, l’Unità, curiosamente non va sul Giornale), praticamente su tutti i blog di WordPress e Blogger.

Punto Informatico è tornato un piacere da leggere, quasi com’era nel 1996. Niente più banner lampeggianti a metà articolo.

Fin qui il dato tecnico. Dopo qualche mese di uso una riflessione sul concetto di lettura online mi è venuta a galla. Prima di tutto la comodità percettiva: forse è l’età, forse la maggiore disponibilità di grandi monitor ma io mi trovo molto meglio con i font ingranditi ed eleganti; l’occhio più riposato, il senso estetico appagato, riesco a concentrarmi meglio su quello che leggo. La mia soglia di distrazione si è pericolosamente abbassata e così come non sopporto i rumori intorno a me, basta un titolone sparato o un richiamo di spalla per spostarmi l’attenzione.

Il secondo punto è proprio l’attenzione: più il web sposa la personalizzazione del contenuto, l’andarsi a procurare ciò che si desidera nella forma che si desidera e più l’attenzione diventa una “merce” delicatissima. Purtroppo questa merce viene contesa a suon di urli dai messaggi pubblicitari. Il cervello riceve, tramite occhio e orecchio (su web come sulla tv), degli strattoni continui e sempre più forti. In televisione il cervello sta sul binario del palinsesto e della diretta, su carta sta su quello dell’impaginazione ma sul web passeggia per i fatti suoi.

Sul web quel che conta è l’interesse, non l’attenzione.

L’interesse è duraturo, l’attenzione è momentanea: se catturi quest’ultima col tuo banner elastico e lampeggiante, a breve termine la ottieni ma a lungo termine ottieni il mio fastidio, ovvero il mio interesse negativo. Su questo i pubblicitari del nuovo millennio dovrebbero ripensare le loro strategie.

Spazzare via l’impaginazione non è un attacco o denigrazione vero chi pubblica contenuti, anzi: è un atto di rispetto e interesse, appunto. Se ti leggo, ti voglio leggere con calma, a modo mio, ripago con il mio tempo e la mia concentrazione la fatica che ci hai messo a scrivere. Se il contenuto è buono questo meccanismo di feedback virtuoso si innescherà da sé. E questo vale per i miei blogger preferiti, per gli editorialisti preferiti e anche per i notizie che “tocca” leggere.

Make good products.

Google vs. magistratura italiana visto da Corriere e Macworld

Oggi nel passarmi un po’ dei 18mila post non letti in Google Reader, mi imbatto in un titolo curioso di Macworld USA:

Report: Google accused of violating Italian law

An Italian prosecutor has accused Google of violating Italian and European regulations in the way it handles its e-mail communications, the Corriere della Sera newspaper reported Monday.

L’articolo non linka il Corriere, ma basta una breve ricerca sul sito e trovo il pezzo del 28 settembre:

Milano, i pm contro Google: «Nasconde i suoi dati» – Corriere della Sera

Il procuratore: «Informazioni rimosse violando la legge». La replica: «Decidiamo noi cosa svelare»

Entrambi gli articoli riportano i fatti in maniera abbastanza completa (i magistrati italiani si lamentano che Google non fornisca i dati dei sospettati né li trattenga per 12 mesi) con una differenza: la “replica” citata dal Corriere si limita ad una frase ufficiale della vicepresidente degli affari legali di Google, Nicole Wong.

Macworld invece è andato ad informarsi direttamente telefonando alla portavoce di Google Simona Panseri, riportando una replica più approfondita (“La Polizia Postale può conferma che Google ha sempre collaborato alle indagini”) da cui si impara, tra l’altro che:

Wong’s letter was confidential and its publication could damage the interests of honest Internet users in Italy, Panseri said.

Il Corriere, pur meritevole di un paragrafo esplicativo sul concetto di cittadinanza in rete, dedica quasi tutto il pezzo alla chiosa per esteso della lettera di Carnevali, cita una frase della lettera riservata di Wong e non alza il telefono per cercare una conferma.

Macworld, che di solito si muove fra Twitter, aggiornamenti di Mac OS X e applicazioni Mac, si prodiga a cercare un riscontro e un altro punto di vista.

Riproduzione libera

(riproduzione libera)

via Piovono rane

Dal post di oggi, Alessandro Giglioli si fa beffe delle sempre più diffuse avvertenze © RIPRODUZIONE RISERVATA che compaiono in fondo agli articoli, sia cartacei che sul web, dei principali quotidiani.

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