Il Manifesto e l’evoluzione dei giornali

Oggi ho letto il terzo di tre post che mi sono piaciuti sulla crisi finanziaria del Manifesto: Leonardo: Manifesto del conservatore di sinistra

Dopotutto il Manifesto su internet non ha affatto una cattiva presenza. Forse il problema è dei lettori che il Manifesto si è scelto, si è formato in tutti questi anni. Sono loro che dovrebbero condividere di più il Manifesto, e mostrare ai redattori magari un po’ scettici che la versione web può funzionare, può attirare più lettori, può rimettersi al centro del dibattito culturale (perché politicamente resterà sempre un po’ ai margini, ma una volta il Manifesto era “la” cultura di sinistra). Sono i lettori che devono cliccare su quegli accidenti di tasti colorati che ci sono già, sono lì apposta, e provare a portare un po’ più di Manifesto nelle praterie del web, dove tanta gente ne ha bisogno ma non ha la minima idea e finisce per farsi intruppare da Beppe Grillo e altre biowashballs. Sono i lettori che devono smettere di finanziare il Manifesto cartaceo più o meno come si dà l’elemosina a uno che te la chiede, con la prospettiva di chiedertela anche domani e dopodomani e ogni volta che la libertà d’informazione sarà minacciata.

Il post chilometrico e verboso di Leonardo (da leggere tutto, come al solito) riassume alla perfezione il rapporto con una testata inteligente, critica, pesante e verbosa che ha sempre abitato casa mia da che io ho memoria.

Il consiglio più diffuso è quello di trasferirsi sul web come inevitabile evoluzione darwiniana dei giornali, tesi sostenuta anche da Mantellini:

[…] i giorni scorsi la direttrice de Il Manifesto ha ripetuto la solita frase che si dice sempre in questi casi: “stanno uccidendo il pluralismo”. È una sciocchezza: se riusciamo ad astrarci un istante dal singolo caso in questione, l’informazione italiana non è mai stato tanto pluralista quanto lo è oggi. Per un singolo giornale di carta che non trova lettori (perché i poteri forti lo stritolano, perché la TV mangia tutta la pubblicità, perché Berlusconi non c’è più ecc.) ci sono dieci giornali di bit che raggiungono ogni giorno dieci o cento volte i lettori de Il Manifesto. Dieci o cento volte, numeri reali.

[…]

Quando la stampa difende i propri privilegi contro ogni logica rende probabilmente un cattivo servizio ai suoi lettori.

In realtà se è vero che i numeri reali portano la gente sul web quando il web è gratuito, più difficile è fondarci un’impresa basata su entrate certe. Il navigatore odia sia i banner lampeggianti (le home page dei principali quotidiani stanno diventando illeggibili) sia i paywall e i contenuti premium a pagamento.

Un’alleggerimento e un ripensamento della struttura editoriale sono inevitabili nel caso del trasferimento dalla carta al web. E allora che fare delle persone che lavorano ora nella carta?

Inoltre: la metrica del mercato non è detto che sia l’unica. Certo è l’unica che diamo per scontata, come per scontato si da il metro dell’audience per la televisione. Pierluca Santoro, si chiede se il Mercato sia Perfettibile in un post ricco di analisi e proposte:

La revisione sui criteri di finanziamento ai giornali a mio avviso deve tenere in conto, in ordine sparso: 1) no a finanziamento su tirature, se del caso su diffusioni 2) finanziamento crescente al diminuire dell’affollamento pubblicitario 3) bonus su finanziamento dei cittadini; per esempio se X numero di cittadini gira il suo 8 per mille a favore di un quotidiano c’e un bonus statale 4) no a finanziamento di organi di partito, consono già i finanziamenti ai partiti non c’è bisogno di una duplicazione 5)….[integrate pure nello spazio dei commenti se ve ne vengono in mente altri di criteri]

Insomma, se la perfezione del mercato è assolutamente perfettibile, non è un caso probabilmente se i primi ai quali si cerca di far pagare il prezzo siano proprio coloro che hanno dimostrato attenzione ed etica nel proprio approccio.

L’idea importante è che ci possa essere una gradualità nel passaggio da un’editoria sostenuta da finanziamenti pubblici a un’editoria autonoma. E’ probabile che le microtestate di partito o altri giornali di rappresentanza non ce la facciano ma chi è dotato della squadra migliore, di gente che sa scrivere ed interessare ce la potrebbe fare.

Ammesso e non concesso che il Mercato sia l’unica metrica da seguire, quello che mi stupisce è che tutti questi ragionamenti non siano mai accompagnati da simulazioni, grafici, previsioni nel merito. E’ inutile brandire il totem del Mercato se non metti alla prova (simulando, senza che nessuno si faccia male) i parametri che dovrebbero muovere il mercato stesso.

Il giornalismo urlato fa il web schizofrenico.

Repubblica.it - Osama ucciso

E’ da un po’ che osservo l’evolversi delle home page dei giornali cartacei online, in particolare di Repubblica.it. Sono passati oltre dieci anni dallo “sbarco sul web” del giornale cartaceo, qualcosina è migliorato ma l’affannosa voglia di riprodurre online lo strillo del giornale cartaceo e la velocità urlata del telegiornale non si è affievolita.

Negli ultimi tre giorni ci sono stati tre eventi-notizia mondiali come il matrimonio di William e Kate, la beatificazione di Papa Wojtyla e l’Uccisione (presunta, direi) di Osama Bin Laden. Nei mesi passati c’è stato l’attacco alla Libia e le altre rivoluzioni nei paesi del nord Africa.

In ogni occasione l’home page si allarga a tutto campo, e il titolone diventa uno strillo sopra un carosello di foto a effetto.

Ma la sintesi di uno strillo non basta più, l’ansia di voler dire tutto ma proprio tutto in home page inzeppa sommario e occhiello di link grandi, link medi, link minuscoli con e senza iconcine.

Non contenti di ciò il titolo-strillo viene spezzato in più frasi ognuna linkata verso un contenuto diverso.

E’ il collasso dell’usabilità, l’informazione del web trasformata in urlo, l’attenzione del lettore-navigatore strattonata ad ogni occhiata.

Mai come ora benedico l’informazione data dal passaggio del mouse: se non vado a vedere nella barra inferiore di Safari (menu Vista > Barra di Stato) a quale indirizzo porta il link su cui sto passando il mouse non oso cliccare: non è chiaro in quale sezione del giornale si finisce, non si sa se verrà mostrato un video, un articolo o una foto (e se non ho flash istallato? E se non ho abbastanza banda?), non si sa se una volta all’interno dell’articolo avrò a portata di mano gli altri link sulla stessa notizia presenti nel titolo strillato della home page.

Praticamente sembra di stare in un ingorgo di traffico dell’informazione.

Continuo a pensare che, problemi di usabilità a parte, sul web quel che conta è l’interesse, non l’attenzione. Voglio essere informato da qualcosa che richiami il mio interesse e vi immetta dati nuovi, non da qualcosa che ha urlato più forte e mi abbia fatto precipitare nella pagina dei video più cliccati invece che nella sezione Esteri.

Se un evento è in aggiornamento frenetico può capitare di ritornare alla home dopo aver letto un articolo e trovarla cambiata, con una diversa disposizione di link “urlati” e parcellizzati nel titolo principale. Devo di nuovo orientarmi, aprire tante pagine in tab diversi e farmi un ordine mentale.

Leggere, anche nel bel mezzo di una breaking news, dovrebbe essere un piacere, non una fatica.

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