Amici a Bologna

Oggi, tra poche ore, sarò a Bologna e lì di amici dubito ce ne saranno (forse qualcuno, a sorpresa), anche perché io Bologna non l’ho mai vista e non conosco nessuno.

Due cuori e una culla, tra Milano e Bologna | Due cuori e…

Ieri sera, complice un colloquio scolastico a metà pomeriggio che ha confinato i bimbi dai nonni, abbiamo approfittato della libera uscita per contraddire Ilaria Mazzarotta e palesarci alla presentazione del libro Due cuori e una culla.

Oltre a riabbracciare Lia Celi e prima perderci in lunghe chiacchiere abbiamo ricevuto l’onoreficienza speciale:

Mamma, questi sono miei amici blogfestari

Ci sono amici in ogni luogo a qualche grado di separazione da te nell’era dei socialcosi. Il Centro di Bologna ha riunito chi non lo conosceva per niente, chi ci ha abitato e poi ha cambiato città e chi ci ha abitato a lungo e ora vive oltre il confine dei viali. Praticamente una passeggiata di ri-scoperta.

Il libro arriverà in ebook, mezzo su cui è impossibile chiedere una dedica. L’impatto con la Feltrinelli, una volta meta abituale settimanale ha inondato di carta tutti i miei sensi. Non ho resistito e ho dato una sniffatina al libro di Ilaria cartaceo. Me la tengo per quando lo sfoglierò sull’iPad.

P.S.: è appena uscito il video della presentazione.

I dinosauri nei titoli sulla Leopolda

A questo punto cara Repubblica, caro Ezio Mauro, io da lettore ed elettore del PD credo di meritare qualcosa di più. Perché noi abbiamo in Italia un partito, direi il solo, in cui esiste oggi una dialettica, un confronto tra diverse “non-si-possono-chiamare-correnti”. Guarda caso è l’unico partito che ogni tanto cambia leader: gli altri senza il loro capo naturale sono quasi inimmaginabili (SEL senza Vendola? UDC senza Casini?), quasi tutti sono semplicemente comitati elettorali intorno a un personaggio televisivo di riferimento. Il PD invece è un partito. Possiede una dialettica interna, appassionata, a tratti violenta. Evviva. E voi scegliete di raccontarla, in prima pagina, come fosse un episodio della Pimpa. Bersani a Renzi: basta calci / lui replica: non sono un asino. È una notizia? Che Renzi non sia un asino, dico. Capirei Libero o il Giornale. Ma il lettore di Repubblica non si merita di più? Un sunto delle idee di Renzi, le divergenze col gruppo dirigente che contesta, qualcosa di sinistra, qualcosa anche di destra, qualcosa?

(via Leonardo: Ma i dinosauri, poi, chi è stato?)

Attacco fragoroso di un gran bel post di Leonardo sull’iniziativa di Matteo Renzi sul cui sito, peraltro, si trovano gran parte delle risposte agli interrogativi posti al titolista di Repubblica: nella lettera Idee concrete di persone normali (si veda il punto 2. Il Partito Democratico che vorrei) e la pagina A che serve la Leopolda.

Ci sono le cose interessanti, come l’uso dei social network (il valore di un’ora) e la demagogia nell’ostentazione dell’aggettivo “concreto” contrapposto in via sottinteso alle “chiacchiere” della politica.

Perché il dibattito della Leopolda non avviene sotto le insegne del PD e nelle sedi del PD? Visibilità:

La Leopolda deve servire anche a questo: usare la sovraesposizione mediatica della politica per dare visibilità ai protagonisti di un rinascimento possibile. Immettere nel dibattito nazionale i volti e soprattutto le idee di una nuova categoria di imprenditori, di studiosi, di uomini e di donne del volontariato e dell’associazionismo, di amministratori locali che hanno il potenziale per cambiare l’Italia.

(via Big Bang – Stazione Leopolda 2011)

Il post definitivo su Renzi lo ha fatto Elena:

Se il concetto è che ci sono sempre le stesse facce nel partito e nei luoghi di potere, lui sa molto bene, lo sanno bene tutti gli iscritti al PD, che esistono, in questo partito, tutti gli strumenti democratici per candidarsi ed essere scelti. Lo sa bene lui, che ha vinto le Primarie a poco più di 30 anni ed è diventato Sindaco di una delle città più importanti d’Italia, lo sanno bene gli altri che queste primarie magari le hanno perse, lo sanno anche quelli che alle primarie non si candidano perché temono di perderle.

Lo sa Renzi, che questa è una battaglia demagogica.

Il nostro non è un partito che ha lo stesso Presidente o Segretario da decenni, abbiamo fatto le primarie recentemente e c’erano gli spazi per candidarsi. E questo a tutti i livelli, fino al segretario di circolo. Non è un partito con un uomo solo al comando, c’è una grande ricchezza di opinioni e contributi (a volte anche troppi, tanto che a volte, per avere una posizione netta, bisognerebbe ripristinare il vecchio caro centralismo democratico). Un partito che cerca di rimanere in equilibrio tra chi chiede di parlare con una sola voce e avere una linea precisa e decisa, e chi chiede di ascoltare tutte le voci.

(via Brevi considerazioni sul perché penso che i rottamatori ci stiano raccontando una gran balla. | senza aggettivi)

Ciò detto, da inguaribile criticone, sono quasi più preoccupato della deriva asfittico-atrofica dei titoli di giornale che della dialettica interna alla sinistra. Se questa, almeno teoricamente, dovrebbe essere il motore delle idee della politica, i giornali dovrebbero rappresentare il veicolo o la strada su cui le idee si muovono. Se la loro comunicazione sarà sempre più rattrappita, semplificata, atomizzata, urlata non vedo come le idee possano mettere in moto quel gran numero di cervelli non ancora alfabetizzati alla ricerca delle fonti in rete strettamente dipendenti dal mainstream cartaceo.

Le idee sono fatte di parole e frasi, non di suoni gutturali. Parlare bene è importante, la lingua è importante: è una forma di pulizia mentale. Con titoli come questi è una specie in via di estinzione.

Mancanza di rivoluzione italiana

A rebellion is a revolution without a vision. Italians, probably, don’t really need a rebellion. They need a shared vision based on facts and reality (not on ideology and reality shows): a deep cultural change, that helps them to understand their shared project, that helps rebuild a perspective and that makes them look ahead with an empirically based hope. They know they will have to work hard. And they usually do, when they know for what they are working. Thought, art and culture are to change. A rebellion is an act. A deep cultural change is a movement that is needed to transform the eventual act of a rebellion in the process of a constructive and generous revolution.

The case for an Italian rebellion. Why it doesn’t happen. And what could happen – Luca De Biase

Un lungo post di analisi delle aspirazioni politiche degli Italiani impantanate nell’impotenza del presente (And cynism leads to terror or to helplessness. We had terror in the past. Now we are experiencing helplessness).

Ci sono diversi spunti di riflessione, su come siamo e su perché siamo così. Magari un punto di partenza per smettere di essere così.

In cerchio intorno a Virginio Merola

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Il candidato sindaco del PD ritiene che i blogger siano una risorsa e invita i blogger che gravitano intorno a Bologna ad un incontro.

Ci vado, capitombolando fra gli impegni. Arrivo durante la seconda parte dell’incontro, e trovo un una stanza gremita da un cerchio di persone sedute che discutono di possibili scenari di uso della rete per Bologna.

L’atmosfera è molto buona, si parla a turno, a bassa voce, mentre Merola prende appunti e il suo staff anima la diretta su twitter. Gli interventi vengono riportati nella stringatezza dei 140 caratteri e condensati nel post riassuntivo del giorno dopo contornato da photoset su flickr (qui il mio mini photoset).

C’è un’aria buona, dicevo, dominata da un’ingeniuità da primi barcamp, ognuno ansioso di promuovere la “sua” idea come se fosse stato tolto il tappo al serbatoio delle idee, come se non ci si sentisse in rete intorno al tema di focalizzare la rete per la politica della città.

L’impressione è che si voglia andare oltre ai proclami e alla propaganda, la preoccupazione (di Maso e di altri) è che il sito wordpress preelettorale muoia e che invece bisogna dargli nuova vita.

Da più parti si chiede una seconda vita per Iperbole, che negli anni ’90 mise Bologna all’avanguardia e oggi sa di ricordo nostalgico. Lo si immagina come un grande social network, senza ancora avere idee chiare sul community mix e sul set di servizi da offrire: facciamo una cosa tipo Facebook è diversa da facciamo un multiblog con WordPress , come impatto tecnologico e come riempimento di contenuti.

Merola chiede a questo proposito se abbiamo idea della quantità di impegno e persone da dedicare alla redazione, nessuno sa dare una risposta precisa e qualcuno lancia l’idea (illusoria, secondo me) che la community si animi e funzioni da sola.

Una bella esperienza, vecchi e nuovi nick e url da annotare, la mia solita smemoratezza per le facce al primo incontro, il rimpianto di non aver ordinato le MOO card nuove quando servono.

L’entusiasmo ci ha portati a sforare fino alle 20:25. Vedremo cosa ne scaturirà.

P.S. dedico alla mia proposta, molto stringata nel resoconto pubblico, un post separato.

Una dashboard cittadina per Bologna

Scrivo qui per esteso la proposta che ho fatto all’incontro dei blogger con Virginio Merola. Nel resoconto c’è la versione stringata.

I programmi di Content Management System come WordPress ci hanno abituato al concetto di Dashboard: un “cruscotto” informativo in cui vengono raccolti i dati in tempo reale raccolti dalle principali funzioni di quel programma. Il concetto viene applicato anche in altri ambiti del software e del business.

In pratica è una rappresentazione in tempo reale dello stato di un sistema visto “a colpo d’occhio”.

Se una città come Bologna crede nella rete non può non dotarsi di una sua Dashboard con cui rappresentare, in primis, lo stato di traffico e parcheggi, per arrivare alla disponibilità dei posti prenotati negli ambulatori, negli ospedali, etc. etc.

Ma partiamo dal traffico: perché devo sapere da Google Maps sul mio iPhone quali strade sono colorate in rosso (intasate) e quali in verde (scorrevoli)? Non dovrei saperlo dalla home page di Iperbole?

Se si aggregassero i dati in tempo reale ad es. su:

  • Numero di macchine entrate in centro città
  • Numero di macchine ferme ai semafori con telecamera
  • Numero di permessi per residenti/operativi/handycap
  • Numero di parcheggi disponibili
  • Numero di parcheggi in costruzione

Si otterrebbero almeno due effetti:

1) Una funzione pratica: leggendo un cartello come quelli in autostrada “coda per il centro” oppure “numero macchine entrate superiore al numero di parcheggi” potrei convincermi a prendere l’autobus o la bici.

2) Educazione a lungo termine: a forza di leggere statistiche sulla mia città potrei rendermi conto se si sono fatti abbastanza parcheggi, se è il caso o meno di lamentarsi per i costi dei nuovi parcheggi o per la lentezza dei lavori di costruzione. Conoscendo il proprio contesto e il comportamento numerico (aggregato quindi anonimo) dei propri concittadini si realizzerebbe una politica attiva. Appoggio o meno una scelta o mi impegno per far sentire la mia voce perché ho una conoscenza oggettiva da cui partire. Maturata nel tempo quindi affidabile, cioè non figlia di un titolo sul giornale.

Il traffico è la forma più immediata di test sulla convivenza e la civiltà: il rispetto delle regole si ottiene più facilmente se si ha un vantaggio misurabile dall’applicazione delle regole stesse (se tutti stanno in fila senza superarsi a destra, per intenderci).

L’Amministrazione avrebbe il coraggio di esporre i proprio numeri, scontentando inevitabilmente qualche categoria?

Stretti stretti sotto l’albero

Post sotto l'Albero 2010

Sono stato anch’io tentato di pubblicare il nostro post sotto l’albero qui sul blog ma alla fine rende vano il piacere di scartare il pacchetto e non rende giustizia al lavoro del Sir nel confezionarlo. Grazie Sir, stasera sappiamo cosa leggere. Grazie a tutti per esserci stati.

Così, per rendermi conto della dimensione del fenomeno e del significato di tanti (blog)amici sotto l’albero ho scelto l’immagine dell’indice. Tre pagine fitte fitte di 135 postpacchettini.

Buon natale, compagni di viaggio.

Milena Gabanelli e la maledizione della doppia B

MilenaGabanelli.jpg

Mettiamo subito in chiaro che Milena Gabanelli ha ben altri guai a cui pensare, derivanti dal suo ottimo lavoro d’inchiesta e dalle reazioni che questo scaturisce.

Però su questo blog siamo un po’ fissati con ortografia, pronuncia e dizione giacché chi parla male pensa male e il rispetto della lingua italiana è una cosa importante che aiuta a mantenersi sani di mente. Colpito da twit con la doppia B ho deciso di fare qualche ricerca sistematica:

Gabbanelli su Twitter anima due schermate di hashtag sbagliati (#gabbanelli) o locuzioni come Report della Gabbanelli.

Gabbanelli su Friendfeed è più interessante perché aggregando fonti diverse rivela per diverse schermate errori di singoli utenti, commentatori, news giornalistiche, hashtag, agenzie di notizie che rilanciano blog.

Milena Gabbanelli su Liquida: promuove tra le persone riconosciute (“people”) il nome e cognome farlocco con tre schermate di risultati, complici le sgrammaticature dei blogger.

Analogo risultato per Milena Gabbanelli su BlogBabel che la indicizza aggregando nome e pseudo-cognome diventati tag dei suoi blog.

Nessun risultato su BlogNation (no permalink: scrivete a manina “Gabbanelli” nella casella di ricerca per verificare). Strano, che filtrino gli sgrammaticati? 🙂

Mi chiedo a questo punto se i risultati che spuntano dalle testate giornalistiche siano agganciati dai commenti degli utenti pieni di citazioni errate Gabbanelli. No, evidentemente le redazioni romane hanno la loro influenza nel raddoppio della labiale B:

Il sole 24 ore Argomenti incespica sulla Gabbanelli con Report a tutto gas. Si trovano anche due risultati dalle banche dati non visualizzabili se non si è abbonati al servizio.

Su Repubblica.it una ricerca dalla home page riporta una dichiarazione di Saccà del 2002 ma per altre vie spunta un’ultimora del 15 settembre 2009 e altri 16 articoli dall’archivio di cui 14 citano Milena Gabbanelli o Report della Gabbanelli.

Sul sito del Corriere solo due risultati: uno sul ponte di Capodichino a Napoli (ma è il Corriere del Mezzogiorno e la pronuncia raddoppiata della B singola è comprensibile) e un’altro su RAI per una notte di Santoro.

L’unita.it ha un solo risultato sul sito (Report in onda senza tutele – 2009) ma 13 risultati sul quotidiano in PDF, distribuiti fra il 2003 e il 2010.

La Stampa di Torino non avrà sicuramente problemi di pronuncia. Errato: una ricerca di Gabbanelli sull’archivio cartaceo (anche qui no permalink) produce 10 risultati dal 1992 ad oggi di cui 7 riferiti a Report o a Milena Gabbanelli.

Il Post può vantare il risultato di Nessun Articolo presente per Gabbanelli almeno nei suoi contenuti ma se scateniamo Google su IlPost abbiamo 7 risultati di cui 5 validi dovuti alla disattenzione dei commentatori (il che mi suggerisce l’idea di un plugin per WordPress per togliere la doppia B ogni volta che si cita Milena o Report).

A questo punto se apriamo le maglie della ricerca e lasciamo che Google setacci i siti dei quotidiani, indicizzando commenti e ogni altro elemento extra della pagina otteniamo 101 risultati per il Corriere.it, 43 per Repubblica.it, 60 per lastampa.it, 55 per l’unita.it e 15 risultati per il sole24ore.com. Si tenga presente che una volta aperta la pagina di alcuni risultati la parola Gabbanelli potrebbe non comparire per svariate ragioni: ad esempio la pagina è dinamica e c’era un titolo che scorreva al momento del passaggio del Googlebot.

Il fenomeno è interessante: dato un errore mentale molto comune e geolocalizzato, se questo errore si aggancia ad un nome piuttosto noto, in presenza di un picco di citazioni del nome noto si impennano anche le citazioni della sua versione errata. E’ uno di quei casi in cui la funzione di edit dei commenti come quella di friendfeed è un toccasana.

Coraggio, Milena a me raddoppiano la C da una vita e attenta che la Gabbanelli Accordions non ti faccia causa dal Texas per uso improprio del marchio! 🙂

Le cose da dire, il tempo per dirle.

Ogni tanto qualcuno mi chiede “ma come fai ad avere (quasi) ogni giorno qualcosa da dire”. Io alzo le spalle. E’ che in realtà vorrei rispondere “come fai tu, a non averlo.

(Via Squonk » Speechless)

Anch’io ammiro molto la costanza da fondisti di blogger come il Sir. Anch’io sento nella testa un costante borbottare di pentolone sul fuoco eppure solo raramente la bolla arriva in superficie e alza il coperchio.

Le cose da dire ci sono, le abbiamo tutti dentro di noi.

Il tempo per dirle, per dispiegare l’idea accartocciata nella nostra testa, non sempre c’è.

Il lavoro, i figli, la routine, le cavallette.

Già, le cavallette.

Take your time, don’t find your time

diceva Randy Pausch.

Il tempo per scrivere è anche il tempo per capire e guardarti intorno. Per sapere dove stai andando, almeno un po’.

Se aspetti di trovarlo e non cerchi di prendertelo finisce che ti perdi. E non capisci. E rimani nella nebbia.

La vita scorre via in fretta. Se non ti fermi a guardarti intorno finisce che te la perdi.

Ferris Bueller

E’ come non prendersi il tempo per correre, dormire bene, stimolare il cervello: Si vive male, si lavora male, si vuole bene male.

Ad esempio sono tre anni che volevo scrivere questo post, ispirato dal post di Gaspar Mi piacerebbe, ma non ho tempo:

Ora, quando mi dici “Mi piacerebbe ma non ho tempo” il significato vero è un altro: da “Non è in cima alle mie priorità” fino a “Non me ne può fregar di meno“, a seconda dei casi.

[…]

Ma se mi spezzo una gamba, il tempo di andare al Pronto Soccorso lo trovo di sicuro.

Ora me lo sono preso. Grazie Sir, Grazie Gaspar.

Il bolsopost fra i post sotto l’albero

Mi piace perché non è una cosa mia, ma di tanti, e questo mi fa ricordare quando qui scrivevamo non per metterci in mostra cercando un lavoro o una vetrina o un quarto d’ora di celebrità , ma per l’urgenza e il divertimento e il piacere di farlo – e mi piace illudermi che almeno una volta all’anno questo sia ancora possibile.

Mi piace perché c’è gente, e non poca, che racconta un pezzo di sè. E lo fa senza recitare, senza romanzare, cercando con impegno le parole giuste. Trovandole.

(via Squonk » And… we’re back! (PslA strikes again, 2009 version: “Hop Hop Hop”))

E’ appena uscito il Post Sotto l’Albero 2009, una annuale creazione a più mani portata a termine a suon di frustate da Sir Squonk, che sopporta ritardi, ripensamenti, correzioni come nessun editor saprebbe fare senza farti inseguire dai cani affamati.

Grazie, Sir, mi associo a tutte le sue ragioni, da leggere per intero [meglio se con Readability :-D].

Il nostro post è firmato da entrambi i Bolsi (*), perché confezionato come omaggio natalizio di Bolsa Sit-Com a chi ci sopporta in rete. In realtà il racconto è un pezzo di bravura di Daria che ha aggiunto un’altro tassello alla storia di Cesare.

(*) Dovremo deciderci a mettere qualcosa in home page, a questo punto.

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