Blogfest – la foto di gruppo panoramica

Quasi mi dimenticavo di pubblicarla… forse l’espressione più realistica di ciò che è stata la Blogfest e ottimo surrogato nel mio ennesimo post in ritardo.

P.S.: se ve lo foste persi il primo photoset uscito dalla mia Nikon è Facce da Blogfest 2009.

Fansubber guest star

Su FriendFeed è comparsa la notizia che un noto blogger abbia partecipato l’altra notte alla traduzione dei sottotitoli dell’ultimo episodio di LOST.

Per l’occasione la produzione ha deciso di cambiare lo speakeraggio introduttivo: ecco il file in due formati: Lost intro voice (m4a), Lost intro voice (mp3).

 

Racconti di zucchero

Dream Factories « …we’ve got a project!: “Chi era là, ha visto il laboratorio chimico ancora intatto poco prima che le ruspe lo sventrassero come i panzer di un esercito nemico. Sui tavoli c’erano i fogli con le ultime consegne, fissati nel gesto finale di chi li aveva abbandonati per un attimo, e non sapeva di non tornare più.  ”

Nei miei Google Shared Items compaiono da qualche tempo i post di Lorenzo.

loal.jpg

Lorenzo è un mio vecchio amico, un compagno d’università che conosco da 20 anni ma non è per questo che segnalo i suoi post.

Da ventenni aspiranti fisici eravamo abituati a lanciarci in disquisizioni sui massimi sistemi, in genere a tarda ora in osteria e ben forniti di alcolici; oppure farci lunghe passeggiate attraversando Bologna deserta una notte d’estate inanellando un flusso continuo di grandi idee e fesserie.

Poi abbiamo preso strade diverse, io ho fatto un po’ il fisico, un po’ l’informatico e Lorenzo si è avventurato nel mondo dell’industria usando la fuzzy logic negli zuccherifici.

Ci vedevamo, bene che andasse, una volta l’anno: come se fosse passato un minuto i discorsi cominciavano, e la profondità narrativa di Loal si riaccendeva.

Due anni fa, in uno di questi momenti l’ho trascinato al RomagnaCamp e ho insistito perché aprisse un blog, foce naturale di qualsiasi fiume o rigagnolo di ragionamenti.

Ora gli zuccherifici vengono demoliti per volontà europea e i racconti di Loal sono una finestra su un mondo sconosciuto, scritti con maestria e svincolati da qualsiasi logica “blogosferica”.

Ancora una volta ho trovato conferma che aprire un blog quando si hanno contenuti importanti è un beneficio grandissimo per il singolo e per i lettori.

A questo punto non mi rimane che convincere anche Luca Breccia…

Daring Fireball: Macworld Expo 2009 Predictions

Daring Fireball: Macworld Expo 2009 Predictions: UPDATED APPLE TV — Yes. I expect new hardware, but probably nothing radically new other than increased storage space. But it’ll be in the keynote as a signal that Apple is serious about this market.

[…]

The iPhone was an instant hit, but the iPod wasn’t. Apple grew the iPod from a Mac-only peripheral into a cultural sensation slowly but steadily over three or four years. I think they have a similar long-term plan for Apple TV. And in large part Apple — along with every other hardware maker — is hobbled by the limitations of what content the movie studios will allow them to distribute.

Come di consueto nell’analisi finale delle previsioni pre-MacWorld di John Gruber la parte più interessante non è il cosa ma il perché delle possibili scelte di Apple: le strategie di mercato e la tipica linea di pensiero Apple dovrebbero insegnare qualcosa a tutti i nuovi fan pronti ad esclamare “che figata” o “che stronzata”.

Lo stesso dicasi per i detrattori incalliti.

Commentiamo insieme

Diceva sempre la mia prof. di prima liceo il cui metodo didattico si basava sul saldo pilastro di leggere un paragrafetto del libro di storia, dieci righe di importanza qualsiasi, e di chiedere alla classe di commentarlo. Risultato: qualche parola balbettata e un tragico vuoto di idee sulle idiosincrasie di Pericle.

La tag mainstream del mio Google Reader mi porta stamattina su un post di Michele Santoro sul blog di Annozero. L’argomento è estremamente limitato, una precisazione sulla puntata del 23 ottobre. Sotto il post ci sono attualmente 168 commenti. Pro, contro la trasmissione, pro, contro Marco Travaglio, sulla situazione rifiuti in Campania, su molte altre cose, pochi ne ho visti su quella precisazione. Tra tutti ho notato questo commento:

UN CONSIGLIO PER TUTTI VOI !!!
Cercate di scrivere commenti più brevi per cortesia.
Non siamo qua per dimostrare di saper scrivere o di sapere le cose.
Il blog è uno strumento per esprimere una opinione….non per esibire
il proprio sapere.
Se avete questa intenzione create un vostro blog così potrete istruirci e sfogarvi in ogni modo.
GRAZIE

Che dire, 1-1 per Fabio Metitieri, il commentatore è una vox clamans in mezzo a centinaia di altri animati da ansia da forum o agorafobia da blog: aprirsi un blog è tecnicamente facile ma è un atto di coraggio verso sé stessi e le proprie opinioni non proprio alla portata di tutti.

La differenza fra gregario e leader, fra chi dice la sua ma riesce a farlo solo nella massa di un luogo di ritrovo e chi sale sulla propria soapbox nel parco è tutta a favore dei primi. Non è solo un problema di digital divide, c’è una barriera di alfabetizzazione socio-informatica da superare prima di veder crescere il numero dei blog italiani di un ordine di grandezza.

Mi ritrovavo a spiegare le basi del meccanismo bidirezionale di lettura-scrittura, vero motore del blogging ad un mio caro amico che di recente si è messo a raccontare le sue vicende americane su un blog aperto per l’occasione. Il soggiorno in America è finito ma il blog è diventato un trampolino per le idee, qualsiasi esse siano.

Mentre parlavo con lui mi sono reso conto di quanto sia importante colmare il gap fra chi gode di un blog e di una rete sociale ben avviata e chi vede l’apertura di un blog come l’antitesi della partecipazione in rete: meglio commentare un blog famoso, più facile cliccare sul “scrivi sulla sua bacheca” dentro Facebook.

E intanto ti perdi la capacità di distinguere un’informazione satellite (un commento ad un post) e un nuovo nucleo di informazione, un seme che pianti nel tuo blog con la speranza che attecchisca e cresca nel tempo.

E intanto Annozero corre ai ripari.

Missing McCartney link

SAW_LondonUndersound.jpg

Il cugino blogger (primo inoculatore del virus beatlesiano) mi segnala via gtalk:

Tolgo il cellophane e metto il disco. È un disco di Nitin Sawhney, un artista angloindiano che ha fatto cose molto belle negli anni passati, mescolando elettronica, pop e suoni terzomondisti, con bellissime voci femminili. E sono curioso di capire quale apporto frettoloso abbia dato McCartney, per essere segnalato così discretamente: invece c’è una vera canzone “di Paul McCartney”. Si chiama “My soul”, i due l’hanno scritta assieme, ha tutta la formidabile sdolcinatezza di un pezzo di McCartney e una meravigliosa voce femminile indiana in sottofondo.

[via Maccartneysmo | Wittgenstein]

Immagino che Luca non volesse infrangere la licenza CC di Vanity Fair… 🙂

ergo provvedo io ad aggiungere un paio di colpi di Google per approdare al titolo dell’album London Undersound e alla pagina del sito ufficiale con l’anteprima ascoltabile in diretta.

Vogliamo esagerare? Ecco i link diretti per iTunes: London Undersound album e My Soul (il singolo di Paul).

Produzione standard mccartneyiana degli ultimi anni, concordo con Luca.

Il mattino ha la privacy in bocca

Copertina del Manuale del Giovane Detective

Sono le 7:29 del mattino. Tra pochi minuti porterò fuori i bimbi (già svegli da un’ora): Ulisse al nido e Cesare alla fermata dello scuolabus.

In un paio di centinaia di metri succederanno, in ordine sparso le seguenti cose:

L’impiegato dai capelli scuri della banca sotto casa mi saluterà con un asciutto “buongiorno”, conquistato dopo un anno di incrocio di sguardi.

Incontrerò la sua collega dall’espressione triste, i lunghi capelli castani lisci, che ogni mattina esce dal giornalaio abbracciando il sole 24 ore, fumando la sua prima sigaretta ed evitando il mio sguardo. Ricorda paurosamente la ragazza depressa di What Women Want.

Occasionalmente la loro direttrice, una bella donna sui 50 anni, bionda, farà qualche convenevolo ai bimbi, ché lei ha la parlata facile. La piccola squadra aprirà quindi la filiale.

Vedrò il vicino di casa occhialuto dall’espressione depressa che sta dentro il giornalaio. Se ne andrà su una vecchia bici graziella.

Davanti al barbiere che deve ancora aprire c’è il signore elegante che esce tutti i giorni vestito di tutto punto in gessato scuro, camicia a righe, cravatta e fermacravatta, volto fresco di rasatura e lunga chioma da farsi sistemare. Ha sempre una borsa della spesa elegante, di un particolare negozio di abbigliamento, per portare due piccoli oggetti (occhiali forse?, si vedono appena dall’imboccatura).

A volte, prima del barbiere fa la fila alla posta, che si trova nello spiazzo della fermata, insieme alla piccola coda di abitudinari, già pronti con i bollettini in mano alle 8 meno 5. I vetri dell’ufficio postale ancora chiusi.

Vicino alla fermata c’è la banca nuova tutta vetri trasparenti, un acquario inaugurato da poco più di un anno, che ogni giorno viene aperto da una bellissima ragazza dal caschetto biondo tagliato al laser: fa colazione insieme ai suoi colleghi alla pasticceria di fronte, si rifornisce di sigarette al tabaccaio qui vicino e apre la filiale rigorosamente dopo averne fumata una. Potrei fare il grafico della frequenza di cambio d’abito e del Giorno del Parrucchiere tanto è ISO 9000 quella pettinatura. Per non parlare dell’utilitaria nel parcheggio condominiale, proveniente dal concessionario di Imola.

Stesso discorso, un po’ meno modaiolo per i suoi colleghi maschi. Abiti scuri elegantissimi, capigliature corte lucide di gel e scolpite con la mola a disco. Facce da primo mattino, li vedi attraverso i vetri sfogliare pigramente il sole 24 ore. E’ evidente che si spartiscono le mattine di apertura lungo la settimana.

Sui bar non diciamo niente: quelli sono luoghi di abitudinari, li frequenti e sai cosa succede senza che ciò debba stupire. Limitiamoci ad annotare le consegne che fanno le bariste, armate di vassoi e caffé al vetro ricoperti di fazzolettini di carta, negli uffici e negozi attigui.

Per non parlare di tutta la popolazione che vive alla fermata dello scuolabus: i “compagni di fermata” della materna e delle elementari sono praticamente degli amici ed è ovvio che conosca le loro abitudini mattutine.

Naturalmente vale il contrario: l’impiegato, la direttrice, il giornalaio, la biondina, il distinto signore si chiederanno chi è quel papà che tutte le mattine alterna facce sempre più stravolte e si aggira per la via con la tuta al posto dei vestiti, lottando contro due bimbi un tempo piangenti a sirena, ora litiganti per fare passeggino-pooling, spinto di corsa per prendere il bus al volo.

Tra le 7 e mezza e le 8 il quartiere si anima e tutti sembrano fare le stesse cose, sincronizzati come soldatini. Se ci vivi dentro non puoi fare a meno di (an)notarli. La gente non si nasconde, anzi: lascia tracce, mostra scritte e marchi. Non c’è niente di male a ricordarsene: nulla che da tredicenne non avessi letto ne Il Manuale del Giovane Detective.

Se fosse una canzone sarebbe una cover bolognese di Penny Lane.

Se il quartiere fosse FaceBook il Garante della Privacy chiederebbe a tutti di girare con occhiali, baffi e nasi finti.

Da qui a chiedere l’oscuramento di via Andrea Costa il passo sarebbe breve.

Tanto tempo fa i Radioincontri

Il lato B di Sandrino

Originally uploaded by BolsoMan [hanfed].

Facciamola breve: a Riva del Garda a inizio giugno 2008 (un’eternità fa per voi blogger che fate mark read dei post più vecchi della vostra ultima colazione) ci sono stati i Radioincontri, convention annuale di blogger e web radio dove si socializza, si cazzeggia, si vede gente, si fanno cose.

E’ nello stesso posto della prossima Blogfest, organizzatori in comune. ma quella deve ancora avvenire.

Entro il giorno successivo alla chiusura tutti ne avevano parlato, a suon di “io c’ero”, “mi trovavate là”, etc. etc. Noi ci siamo andati di straforo e Daria l’ha raccontato prontamente. Io ho fatto le foto prontamente. Che prontamente sono finite su Flickr, per non perdere l’onda della Conversazione, salvo però marcarle come private per sistemare con calma titoli e tag. Bel risultato: ne pubblico 6, si vedono solo quelle e le altre 35 sono perse nel vortice temporale del passato flickeriano.

Siamo ad agosto, nel profondo della notte tra il 14 e il 15 abitata solo da pochi pazzi su FriendFeed. O tiro fuori ora le ultime foto mancanti o mai più.

E così sia: ecco il fotoset di Radioincontri2008, a voi aggiungere i nomi mancanti, unendo i puntini da 1 a 21.

I blog come proiezione del sé

Scrivere su un blog significa (pensare di) raccontare cose tue a persone che non conosci e che leggendoti penseranno di farlo, mentre tu rimarrai all’oscuro anche della loro esistenza. Ma davvero raccontiamo qualcosa di noi? La scrittura è un mediatore in/consapevole: io quando scrivo davvero non so chi è che parla, chi è che sceglie cosa dire, certo non so perché alcune cose le scrivo e altre no.

Questo bellissimo post di Mafe ha riacceso una serie di riflessioni che la mia mente sta impastando insistentemente in questo periodo.

Conscio di quanto tempo sono in grado di perdere su una passione sociale come il blogging, spesso mi sono chiesto “perché lo faccio?” Ma soprattutto “cosa c’è di così interessante nei blog?”.

Mettiamo da parte per un attimo la blogosfera del gossip, gli eventi, le foto degli eventi, le chiacchiere, le dietrologie, le news tecnologiche, l’iPhone. Cosa resta?

Resta una rete di persone che scrive e si legge più o meno regolarmente, che riflette su sé stessa e il mondo (siano le notizie mainstream dei siti dei maggiori quotidiani, siano notizie di nicchia, sia un episodio capitato dal lattaio sotto casa).

Cosa c’è di così interessante da tenermi incollato dal feed reader?

Ci sono le persone.

Ci sono i punti di vista, le loro idee, la loro peculiare maniera di raccontarle o di commentarle.

Più vado avanti a conoscere il fenomeno della blogosfera, più mi appassiona conoscere persone, quelle che mi piacciono, quelle che mi lasciano indifferente, quelle speciali, quelle che ti danno la scintilla di genialità nei loro post. Quelle che ti fanno capire le cose meglio di te.

Sono fortemente convinto che tenere un blog sia una forma di proiezione del sè.

Non è detto che sia una proiezione integrale: possono essere dei flash, proiezioni parziali, proiezioni deformate, frammenti. Sono comunque parti di noi che regaliamo al mondo nei nostri blog, perdendone immediatamente il controllo per affidarlo al Grande Impastatore della Rete, Google.

Proiettiamo noi stessi con il template che scegliamo, fra i mille della template gallery o tenendoci quello di default.

Proiettiamo noi stessi con la frequenza dei post, o la frequenza dei commenti nel nostro blog e in quello altrui (invadenti, timidi, controllori del proprio spazio, istrioni).

Proiettiamo noi stessi con lo stile dei nostri titoli.

Proiettiamo noi stessi con la tipografia dei nostri post, andando a capo spesso, non andandoci mai, blindati nel nostro rettangolo di caratteri, riempiendo il post di link a fonti esterne.

Proiettiamo noi stessi scegliendo dove postare, articolando il nostro modo di raccontare fra blog, foto, chat e servizi come twitter e friendfeed. Dimostrando ordine e meticolosità o caos creativo, aprendo nuove piste o facendo i gregari.

Proiettiamo noi stessi nelle scelte degli shared items, o dei reblog su tumblr o nelle altre forme di segnalazione di contenuti. Come un regista che non fa anche l’attore, non lo vediamo mai davanti alla macchina da presa ma ne cogliamo lo sguardo nelle scelte stilistiche: ritmo, sceneggiatura, dialoghi, montaggio, inquadrature.

Infine, proiettiamo noi stessi nella scrittura, elemento che potrebbe stare in cima a questa lista ma che ho voluto mettere in fondo per sottolineare il suo possibile ruolo di elemento di una tavolozza del sé: i contenuti della nostra scrittura possono non appartenerci, non rivelare nulla di noi in senso diretto ma al contempo dire molto della nostra personalità, della scelte che facciamo nella forma, nel fraseggio, nel risalto di un argomento rispetto ad un altro.

Ci sono blogger che cercano evidentemente di dissimularsi dietro la scrittura o di mostrare solo le parti di loro con più appeal.

Secondo me è una partita persa a tavolino. Occorre un editor per questo, qualcuno che ti guardi da fuori e scelga che merce mostrare di te.

Si possono mantenere privati gli avvenimenti della vita privata pur esponendo il sé nel proprio blog e con questo leggere i propri comportamenti mescolati a quelli degli altri. Ci si impara moltissimo e non ci si perde niente.

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